Lo scenario che compone il Libro Bianco è condivisibile: richiama il tema della partecipazione legata alla responsabilità, che è un tema che a noi preme perché sono proprio la partecipazione e il protagonismo che animano l’esperienza della cooperazione sociale. La famiglia è senz’altro uno degli snodi fondamentali ed è anche il punto su cui si concentra il Libro Bianco per il ruolo centrale che gli attribuisce nel welfare. Su questo c’è piena condivisione, semmai c’è più preoccupazione se questa famiglia sia in grado di sostenerlo, questo carico che gli si butta sulle spalle.
Esemplifico. Su 25 milioni di persone tra i 34 e i 64 anni gravano 28 milioni di persone dipendenti, tra bambini piccolissimi e grandi anziani. In Italia buona parte della non autosufficienza è assistita in famiglia. Sempre sulla fascia tra i 34 e i 64 anni si concentra un altro impegno prioritario, che è produrre sviluppo economico, reddito e quindi fiscalità. Non dimentichiamo poi che la famiglia è fragile, una su tre giunge alla separazione e una su cinque al divorzio. Un altro elemento preoccupante è che le famiglie i giovani non le fanno più. Il welfare di domani si baserà sulle famiglie se saremo in grado di aiutarle a costituirsi. Quali misure si prendono in questo senso? Quelle prefigurate sembrano insufficienti per far fronte alle sfide effettive.
E poi: questo sistema è sostenibile? La fiscalità generale copre le prestazioni fondamentali, i livelli essenziali; ma i servizi restanti, le prestazioni restanti sono affidati alla copertura della fiscalità “complementare” che ha come base il sistema dei fondi, che protegge le persone collegate al mondo del lavoro. Gli altri? Come affrontare il rischio che il 50% degli italiani, esclusi dal mondo del lavoro, siano esclusi da prestazioni fondamentali perché la coperta della fiscalità generale è troppo corta?
Infine: come si alimenta il gettito sui livelli territoriali? La legge sul federalismo fiscale prevede che i livelli locali si alimentino grazie alla compartecipazione del gettito Iva, che però è determinato dal tipo di attività produttive di ciascun territorio. Il rischio è di aumentare il divario nel Paese invece di omogeneizzarlo. Come evitare questo rischio?
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