Non profit
celiaci al ristorante? presto non sarà più un sogno per pochi
500mila persone sono celiache senza saperlo
di Redazione
Una galassia poco conosciuta. Così Caterina Pilo, direttrice dell’Aic, l’Associazione italiana celiachia, definisce la malattia. E in effetti a oggi in Italia i celiaci diagnosticati sono tra 85 e 90mila, ma l’incidenza reale della celiachia è di 1 a 100 – 1 a 150: questo vuole dire che sono 400-500mila gli italiani che ancora non sanno di esserne affetti, esponendosi a gravi rischi per la salute. «Nella medicina di base la sintomatologia è ancora oggi sottovalutata, perché si pensa che il ciliaco sia un paziente magro che non assimila, mentre non mancano casi di persone affette da celichia obese o che presentano sintomi extraintestinali, per non parlare dei celiaci asintomatici», continua Pilo, che osserva come i pediatri siano più preparati a riconoscere i sintomi, anche se la celiachia non è una malattia pediatrica.
La sottovalutazione dell’incidenza ha portato alla definizione di celiachia come malattia rara anche se «sarebbe più corretto definirla cronica, perché anche solo guardando i numeri non è rara. Era stato anche preparato un decreto in questo senso ma non se ne è poi fatto nulla», spiega Caterina Pilo. C’è una legge, la 123 del 2005, che ha definito gli interventi per favorire il normale inserimento nella vita sociale delle persone celiache: la celiachia è stata riconosciuta malattia sociale ed è stato stabilito il diritto al pasto senza glutine nelle strutture pubbliche. L’unica terapia efficace per recuperare uno stato di salute ottimale è oggi la dieta senza glutine. Negli ultimi venti anni non sono mancati gli sforzi e la ricerca dell’industria alimentare: sono infatti oltre 13mila i prodotti a disposizione, tra mercato comune e prodotti erogati gratuitamente dal Ssn. «La celiachia è ben assistita, il tetto di spesa, dal 2001, è costruito sulle quote Larn, ovvero il fabbisogno calorico». Per la direttrice dell’Aic la legge del 2005 per quanto riguarda le mense pubbliche è stata una conquista: prima di quella data, ricorda, «una famiglia poteva accedere alle normative sull’invalidità per l’indennità di frequenza dei propri figli alla mensa scolastica, ma noi abbiamo sempre contestato il fatto che un bambino celiaco dovesse essere dichiarato invalido, perché basta seguire la dieta, per tutta la vita, per riconquistare la salute».
Se sul fronte scolastico e delle mense pubbliche il problema del mangiare fuori casa è stato risolto, resta tutto il fronte della ristorazione privata. Qui si inserisce il progetto dell’Aic che a oggi conta circa 2mila strutture (ristoranti, pizzerie, B&B, hotel ecc.) che garantiscono un pasto gluten free sicuro. «Resta il problema della formazione, la legge 123 all’articolo 5 demanda alle Regioni la formazione alberghiera con moduli per la preparazione di pasti per celiaci», spiega Pilo. E qui, denuncia l’Aic, dalla relazione annuale al Parlamento emerge che nove Regioni «o non hanno fornito dati o non hanno fatto i corsi. Per esempio in Lombardia non sono stati fatti i corsi, mentre da Umbria e Sicilia non sono arrivate informazioni. Il paradosso è che i fondi per i corsi sono previsti, ma non vengono utilizzati». Così resta l’iniziativa privata dell’associazione: «Grazie al 5 per mille le nostre associazioni regionali si occupano di formare i ristoratori e di monitorare quelli inseriti nell’elenco».
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