Welfare

Serve una nuova stagione di politiche attive del lavoro

Federsolidarietà

di Redazione

«Ci aspettiamo una più decisa azione della pubblica amministrazione nella direzione di politiche attive del lavoro e di sviluppo di percorsi formativi congrui ai mutati scenari»: il presidente di Federsolidarietà Piemonte, Elide Tisi, chiama in causa gli enti locali nel contribuire a costruire un nuovo sistema per l’inserimento delle persone svantaggiate.

Social Job: Oggi si rileva una difficoltà nella attuazione degli strumenti normativi pensati per favorire l’inclusione lavorativa. Allo stato attuale, quale può essere il futuro delle politiche di inserimento?
Elide Tisi: Riteniamo che, accanto agli interventi di ammortizzatori sociali, sia necessario avviare una nuova stagione delle politiche attive dove la cooperazione sociale – anche quella A – possa essere riconosciuta come strumento innovativo, e non solo contenitivo di fenomeni di emarginazione socio-economica.
SJ: Come può la cooperazione rispondere alle nuove forme di disagio? Si incomincia a parlare di revisione della legge 381…
Tisi: Oggi è indispensabile estendere la definizione di soggetto svantaggiato a determinate categorie, anche con incentivi differenziati in base alle diverse fenomenologie del disagio sociale. Intere fasce di persone a rischio di disagio conclamato, per lo più escluse dal mercato del lavoro, non sono riducibili alle attuale categorie definite dalla legge 381/91, tant’è che la normativa europea e anche la legge sull’impresa sociale hanno affrontato il problema. Da questo punto di vista le Regioni Veneto, del Friuli Venezia Giulia e della Calabria si sono già mosse e hanno riconosciuto il ruolo della cooperazione sociale di inserimento lavorativo nelle politiche attive del lavoro.
SJ: Insieme a Legacoopsociali avete presentato una proposta di miglioramento della legge 68. Qual è la vostra posizione in merito?
Tisi: È necessario snellire i meccanismi ed eliminare le barriere all’accesso diffuso ai dispositivi previsti per le cooperative sociali. La cooperazione sociale si offre sia come ponte transitorio, riabilitativo e formativo, sia come forma di impresa. Occorre allora valorizzarne il ruolo e proponiamo quattro punti imprescindibili: la messa a regime degli strumenti per facilitare il passaggio dei disabili alle cooperative sociali; la sinergia tra centri per l’impiego e sistemi provinciali delle cooperative sociali; più attenzione alle attività formative e, soprattutto, attenzione a particolari categorie di disabilità che presentano complessità notevoli nell’approccio al lavoro.
SJ: Come valutate l’impatto degli articoli 52 e 69 del Codice degli appalti?
Tisi: L’impatto culturale di queste norme è estremamente significativo, altra cosa è l’impatto reale, che è ancora modesto e spesso frenato dal comportamento socialmente poco responsabile da parte degli enti pubblici. Situazione sconfortante se si considera che la capacità di inserimento lavorativo di soggetti svantaggiati da parte della cooperazione sociale è, in termini relativi, di 13 volte superiore al resto del sistema produttivo.

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