ACape Town, nella township vicino a casa, padre Mario Tessarotto ha visto sorgere un gruppo di nuove palazzine. «Servono a non far vedere l’estensione delle baracche, a nasconderle un po’», dice impietoso, «all’interno dei quartieri la situazione è sempre la stessa». Missionario scalabriniano, padre Mario in Sudafrica si occupa dei rifugiati. Solo a Cape Town ce ne sono 50mila: persone, spesso intere famiglie, che provengono da altri Paesi africani, in fuga dalla guerra e dall’instabilità politica oppure in cerca di opportunità di lavoro. Il centro degli Scalabriniani offre pasti e un punto di riferimento in città a circa 700 immigrati ogni settimana. A maggio dell’anno scorso in diverse metropoli sudafricane, le stesse che ospiteranno i Mondiali, c’è stata un’ondata di episodi xenofobici. Atti di violenza contro gli immigrati compiuti da sudafricani.
A Cape Town padre Mario ha visto nuove strade, ponti, alberghi. «Pare proprio che il governo abbia approfittato dei Mondiali per rimettere a posto un po’ di cose», dice. Ma c’è anche l’altro lato della medaglia: con i Mondiali si prevede che aumenterà la prostituzione, lo sfruttamento dei minori e il traffico di droga. Il calcio però resta per padre Mario uno «strumento potente». «In Mozambico lavoriamo in un campo rifugiati», racconta, «e i tornei di calcio hanno aiutato i giovani di diversi Paesi a superare i conflitti che c’erano fra loro. Spero che lo stesso avvenga in Sudafrica».
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