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Tribù d’Italia, sediamoci allo stesso fuoco
Lo scrittore mantovano antidivo per eccellenza ha un'idea...
di Redazione

Un sito che sarà un involucro capace di contenere tutti
i progetti di chi ha voglia di unirsi, moltiplicando le forze,
per sparigliare le carte. «Vi aspetto!» Ospite delle patrie galere vogheresi per aver vilipeso l’allora presidente della Repubblica, Giovanni Leone; ospite negli studi televisivi dell’Era glaciale al fianco di Fabri Fibra; ospite in Conchetta, storico centro sociale milanese, per leggere alcune pagine del suo ultimo romanzo Canti del caos (Mondadori, 2009). Antonio Moresco, mantovano, scrittore di professione ed antidivo per eccellenza, è un uomo con tante cose da raccontare e pochi peli sulla lingua. Saliamo al sesto piano della sua abitazione milanese e non appena entrati rimaniamo folgorati da una sensazione che non può esser solo coincidenza. Il suo volto e la sua casa si assomigliano terribilmente. L’aria assorta e meditabonda che dal suo volto emana la si respira nel bianco immacolato dei muri. Tutto, in quella casa, sembra mirato a non distrarre i sensi dal fuoco sacro della scrittura. Una libreria, un tavolino a cui affidarsi per comporre versi, un paio di sedie ed un lettino. C’è tutto lo stretto necessario e nulla più.
Vita: Partiamo da Milano. Qual è lo stato di salute?
Antonio Moresco: Tira una brutta aria. Frustrazione, razzismo, ricerca del capro espiatorio: sono tutte parole all’ordine del giorno da queste parti. La gente sembra soffocata.
Vita: E chi sarebbe a soffocarci?
Moresco: Io credo sia il pessimismo derivante dallo sguardo sul breve periodo. Questo tipo di reazione, inevitabilmente, ci fa chiudere solo sulla dimensione economica. Ed ecco allora gli spettri del precariato, la perdita della condivisione in favore di una lotta condotta gli uni a discapito degli altri. La paura pervade tutto e lo tramuta in cattiveria. Oggi viviamo una situazione inedita. Stanno succedendo cose pazzesche e non mi riferisco a Milano, o all’Italia, ma al mondo intero e all’uomo, inteso come appartenente al pianeta. Stiamo per assistere a grandi migrazioni dettate dal clima che avveleniamo quotidianamente. Deve nascere una consapevolezza molto più profonda. Bisognerebbe ribaltare il nostro modo di pensare, le priorità. Dovrebbero liberarsi dalle persone altre forze, spirituali in senso lato.
Vita: Non sarebbe questo il compito del cosiddetto mondo della cultura?
Moresco: Se per cultura intendiamo la conoscenza, allora credo che non possa portare lontano. Per altro, sempre più spesso la definizione e il campo d’azione di quel che passa sotto il nome di cultura finisce per essere esclusivamente intrattenimento. Una cosa che ti fa compagnia prima di morire. Limitata a questo magro compito, non è che possa guidarci a quella profonda rigenerazione del tessuto esistenziale che invece servirebbe eccome. Per avere un seguito formativo serio la cultura dovrebbe tornare ad attraversare molti campi del vivere e dell’agire, incuriosirsi di tutto, moltiplicare le forze.
Vita: Fare cultura oggi è quindi più difficile?
Moresco: Non direi questo. Spesso ci illudiamo che un tempo le cose stessero in un altro modo, ma Kafka in vita venne pubblicato sì e no in duecento copie. Nel mio piccolo, ad esempio, ho aspettato oltre quindici anni prima di veder pubblicato un mio libro, ma se si ha coraggio e si crede in ciò che si fa, a furia di bussare prima o poi qualcuno risponde.
Vita: Quali sono i grandi valori oggi?
Moresco: Difficile dirlo. Facendo un raffronto col passato cade subito all’occhio la morte certificata delle ideologie. E scomparendo le ideologie scompare anche il polo di entusiasmo. Oggi non si riesce più a costruire un sogno. Un tempo alle proprie spinte, ai propri moti si doveva sommare la forza dell’emulazione. Penso al dirompente contagio che procurava l’apprender notizie tipo: «A Parigi hanno fatto le barricate, a Berlino?». Della passione si son perse le tracce. Certo che augurare una nuova ideologia è pericoloso, vedi quel che hanno combinato in Russia. Non le rimpiango. La vita, la storia, non hanno delle belle maniere e poi non si aggiustano così le cose. Però se vent’anni fa mi avessero raccontato la realtà di oggi, io non ci avrei creduto. E prevedere una nuova rivoluzione non è un’ipotesi così remota. L’onda emotiva non è controllabile. Negli ultimi tempi è mutato tutto e tutto deve mutare anche dal punto della lotta.
Vita: È una sfida per cui vede pronti i giovani?
Moresco: Gran parte dei miei lettori sono giovani e mi dà sollievo e mi conforta, confrontandomi con loro, sapere che chi ha un orizzonte maggiore d’attesa e si aspetta ancora qualcosa dalla vita sia un giovane disposto all’avventura, al sogno. Le persone più in là con gli anni, purtroppo, troppo spesso finiscono per difendere lo spazio conquistato, anche se è piccolo e anche se ci stanno di merda.
Vita: Il momento attuale non appare propriamente roseo, insomma, e l’aiuto che può fornire la cultura, a detta di un personaggio che si muove al suo interno, da solo non basta. Esiste allora una via d’uscita?
Moresco: Mi auguro di sì, ma credo ci sia bisogno di tutti, senza sezionare le forze in compartimenti stagni. Per parte mia cerco di dare il contributo di cui sono capace. Entro fine anno dovrebbe nascere un sito chiamato «Tribù d’Italia», un involucro capace di contenere tutti i progetti di chi ha voglia di unirsi, moltiplicando le forze, per sparigliare le carte. Non più solo scrittori con scrittori, politici con politici. Questo sito sarà un invito a unire persone differenti in campi differenti. Siamo già in contatto con realtà del volontariato, delle professioni, col mondo artistico e culturale e coi media. La volontà è di ricominciare da zero. In un certo senso bisogna che le persone si riconoscano tra loro, si conoscano e si uniscano. Vogliamo impossessarci del nostro futuro. E per farlo è necessario sedersi assieme attorno allo stesso fuoco. Solo così è possibile scoprire quante forze altrimenti sconosciute esistano.
Vita: C’è bisogno di una scintilla…
Moresco: Quello che manca in questo momento è il coraggio, quello che ti permette di capire che sei più forte di quello che credi di essere. La soglia per combattere, oggi, è molto più alta e l’invito a collaborare diventa fondamentale. Ci vuole una molla, le persone sono mosse dai sentimenti. Rivoluzioni, religioni: sono la forza emotiva e il sogno a muovere e cambiare le persone e il mondo.
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