Diciamo la verità: 510 indirizzi possibili per i licei erano decisamente un po’ troppi. C’è un punto superato il quale la possibilità di scelta diventa indecisione e i contorni (ovvero la specificità dell’offerta formativa) si fanno indefiniti. Parte da qui la riforma che dovrebbe diventare realtà entro l’anno: da una semplificazione degli indirizzi, dalla rivalutazione identitaria dei tre diversi ordinamenti – licei, istituti tecnici e professionali – e dall’aumento degli spazi di autonomia per quanto riguarda le quote di flessibilità (fino al 30%) da gestire secondo le esigenze espresse dal territorio, dal mondo del lavoro e delle professioni. Dunque da settembre 2010 partiranno sei licei con dieci indirizzi (classico, linguistico, musicale e coreutico, artistico, scientifico e delle scienze umane), due istituti tecnici (con indirizzo economico o tecnologico) e nuovi professionali (per i quali lo schema di regolamento prevede pochi indirizzi e ne articola solo uno, relativo a industria e artigianato, per lasciare spazio al contributo delle Regioni che dopo la riforma del Titolo V della Costituzione hanno competenza esclusiva sulla formazione professionale). Trasversale la partizione in due moduli biennali (2+2, dunque, cui va aggiunto il quinto e ultimo anno) e la proposta di nuovi modelli organizzativi per «sostenere il ruolo delle scuole come centri di innovazione e progettazione culturale e didattica»: si prevede la costituzione di Dipartimenti per un aggiornamento costante dei percorsi di studio, l’istituzione di un Comitato scientifico per rafforzare il rapporto con il territorio e ampliare le possibilità di raccordo con la società civile. Dovrebbero trovare spazio anche il volontariato e il privato sociale: attraverso stage e tirocini si infittiranno le relazioni fra istituti e terzo settore (secondo modalità che saranno definite da ciascuna scuola, in autonomia).
17 centesimi al giorno sono troppi?
Poco più di un euro a settimana, un caffè al bar o forse meno. 60 euro l’anno per tutti i contenuti di VITA, gli articoli online senza pubblicità, i magazine, le newsletter, i podcast, le infografiche e i libri digitali. Ma soprattutto per aiutarci a raccontare il sociale con sempre maggiore forza e incisività.