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Focus uranio impoverito

di Redazione

Sono almeno 216 i militari italiani morti per possibile contaminazione da uranio impoverito. È quanto sostiene l’Associazione Vittime uranio, che il 4 gennaio a Lecce ha denunciato due nuovi casi di morte e quattro di malattia e reso pubblico in una conferenza stampa «un documento ufficiale della Sanità militare, agli atti dell’ultima commissione parlamentare d’inchiesta. Si tratta tuttavia», spiega Francesco Palese, portavoce dell’associazione, «di un bilancio incompleto. Il documento della Sanità militare (che elenca 171 morti e 2.500 malati) registra infatti l’ultimo decesso nel 2006 e non comprende i reduci da molte missioni, dai poligoni e coloro che al momento della morte non erano più in servizio».
Integrando il documento con i dati in possesso dell’associazione – ha detto Palese – quest’ultima arriva a contare 216 morti, «ma è un dato ancora parziale». Sulla questione il deputato radicale Maurizio Turco ha presentato un’interrogazione al ministro della Difesa, La Russa perché venga fatta chiarezza sulle reali dimensioni del fenomeno. E l’associazione delle vittime ha anche chiesto una nuova commissione parlamentare d’inchiesta sull’uranio impoverito «per completare il lavoro della precedente».
I nuovi decessi segnalati dall’associazione riguardano D.S., ex parà della Folgore, di Reggio Calabria, deceduto nel 2007 a 32 anni a causa di una leucemia sorta in seguito alle missioni in Somalia e in Bosnia, e V.C., militare della provincia di Taranto, morto sempre di leucemia alcuni anni fa. I casi di malattia riguardano invece un ex militare di Varese cui è stato diagnosticato un linfoma dopo una missione al poligono a mare di Capo San Lorenzo, in Sardegna; un militare di Taranto, reduce da diverse missioni all’estero e ora malato di linfoma; infine, due ex militari di Lecce malati di cancro, il primo dopo una missione in Bosnia, il secondo dopo aver servito nel poligono di Torre Veneri (Lecce).

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