Non profit

Elena Rusciani: «Haiti è il mio paese»

di Redazione

Gli operatori umanitari andranno dai capi delle bande armate per chiedere un terreno dove seppellire i cadaveri. Port-au-Prince era ed è anche questo. A raccontarlo, quasi con pudore, è Elisa Rusciani, che a 28 anni è la rappresentante dell’ong Cesvi ad Haiti: «Amo questo Paese e non mi piace raccontarne solo gli aspetti negativi», dice, «ma i problemi sono tanti, a partire da un sistema politico che non ha una base forte e ha difficoltà a controllare il territorio. Ad Haiti gli operatori umanitari devono confrontarsi anche con questa debolezza e corruzione strutturale, e tutti i progetti di sviluppo procedono con fatica».
Haiti prima del terremoto, Haiti dopo. Elisa si trovava per caso a Miami durante la scossa che ha fatto crollare le case di Port-au-Prince e anche quell’hotel Cristopher dove lavoravano molti dei suoi ex colleghi, funzionari civili delle Nazioni Unite. Ora è tornata ad Haiti «con il terrore di non trovare più gli amici che mancano all’appello, e la lista è lunga». «Mio padre lavora per l’Unione europea e sin da piccola ho vissuto in diversi Paesi», racconta Elisa. «Quando sono arrivata ad Haiti ho deciso che era il luogo in cui volevo restare. Ho lavorato per un periodo all’Onu in Italia e poi ho fatto domanda per andare a Port-au-Prince». Elisa Rusciani ha fatto parte dello staff della Minustah, la missione Onu ad Haiti. Poi ha accettato la proposta di aprire e coordinare la nuova sede del Cesvi, dopo la crisi alimentare che nel 2008 ha colpito l’isola. «Operiamo nel sud del Paese con Terre des hommes, che si occupa di sanità, mentre noi portiamo avanti il programma contro la malnutrizione. Prima del terremoto stavamo pensando di aprire nuovi progetti per i minori nei quartieri più degradati della capitale, come Cité Soleil. Ora invece bisognerà ricostruire».

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