Sono rimasto positivamente colpito dal gran numero di commenti e di riflessioni al mio recente post nel blog FrancaMente, lo spazio virtuale che Vita.it mi concede per dialogare on line con i navigatori, che non sempre coincidono con i lettori del magazine. Per chi dunque non abbia visto il blog, ricordo che sono intervenuto per “protestare” contro l’abuso del termine “mongoloide”, offesa scagliata abitualmente fra gli abitanti temporanei dell’ultima edizione del «Grande Fratello«. Se ne sono accorti i responsabili dell’Aipd, l’Associazione italiana persone down, e hanno emesso un comunicato molto civile, ma rimasto, per quel che mi risulta, niente più che un grido nel deserto. Anche il mio intervento sul blog, che ha avuto moltissimi commenti positivi, non ha incontrato alcuna voce contraria, e nessuno che ammetta l’evidenza. Ossia che nell’anno di grazia 2010, dare del “mongoloide” a un’altra persona è lecito, non fa effetto, anzi, fa parte di un gioco condiviso di insulti programmati.
Nessun giornalista insorge, nessuna trasmissione se ne è occupata fino ad oggi. Dunque esistono parallelamente due Italie, una civile e educata, attenta ai diritti, sensibile rispetto alla dignità delle persone e al peso delle parole usate come clave, e un’altra Italia, volgare, arrogante, autoreferenziale, vincente, cafona al punto da risultare incapace perfino di capire dove sia il problema. La sproporzione dei mezzi fra le due parti del Paese appare tristemente evidente, e perciò, nella settimana che celebra la Giornata della Memoria, voglio anche io, come Matteo Schianchi, ricordare come lo sterminio degli ebrei venne preceduto dalle prove tecniche di eliminazione razziale, che partirono negli anni 30 dai disabili mentali, ritenuti razza inferiore, non meritevole di vivere. Pagina rimossa e quasi ignota della storia. Siamo lontani da quello scenario, ma forse le coscienze dovrebbero essere svegliate da questo torpore cinico e cattivo.
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