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Welfare & Lavoro

Storia di come la scuola li ha accolti. O forse no

Nuovo libro di Luca Bravi, ricercatore dell'università di Firenze

di Sara De Carli

I rom e la scuola, in Italia. Questo il tema, attualissimo, indagato da Luca Bravi – dottore di ricerca in Scienze dell’Educazione all’Università di Firenze – nel suo recentissimo “Tra inclusione ed esclusione. Storia sociale dell’educazione dei rom e sinti in Italia” (edizioni Unicopli). Ripercorrendo la storia, Bravi legge un passaggio dalla discriminazione desgli studenti rom a una scuola pensata sul concetto di “rieducazione”: «si è continuato cioè a progettre gli interventi sull’idea dello zingaro nomade e straniero, alimentando le etichette e l’esclusione», dice.

Esempi recenti? «Certo, non si tratta solo delle lacio drom (le classi per soli rom, ndr». Prendimao gli sgomberi fatti nel 2008 a Roma, come i duecento alunni che vivevano in città, in vicolo Savini, e sono stati trasferiti in periferia, sulla Pontina, nella riserva naturale di Decima Malafede. «Ogni mattina gli autobus partivano alle 6,30 per fare il giro delle scuole in cui erano stati sparpagliati (non più di 5 rom per istituto): i ragazzi arrivavano in classe anche alle 10,30», dice Bravi, «con addosso l’etichetta del pulmino dei rom e di quelli che se ne fregano della scuola e arrivano sempre in ritardo».

E dice: «L’iscrizione alle scuole è sempre uno dei prerequisiti posti dai comuni per le politiche di inserimento dei rom. Ma questo poi nei fatti passa sistematicamente in secondo piano e si distruggono con assoluta indifferenza i percorsi scolastici avviati. Le istituzioni in questo senso sono evidentemente schizofreniche».

Il libro di Luca Bravi sarà presentato giovedì 18 marzo alle 15,30 a Milano presso l’Università Bicocca (in allegato la locandina).


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