Non profit

Banca prossima, 8mila clienti e un giro sopra il miliardo

di Redazione

Grazie una lunga sequenza di azioni solidali, alla fine la pastora sarda che aveva perso il suo gregge ha trovato nuove pecore. Cosa c’entra con Banca Prossima? C’entra perché chi ha messo insieme domanda e offerta, è stato un suo addetto. Che ha creato i contatti perché la pastora riprendesse la sua attività. Storie di ordinaria relazione, commentano dall’istituto, ricordando altri casi analoghi. Storie che presuppongono quel legame con il territorio che ha permesso i buoni risultati di cui riferisce Massimiliano Banchini, direttore marketing di Banca Prossima: «Il 2009 l’abbiamo chiuso con 7mila clienti, oltre la metà dei quali esterni al gruppo Intesa San Paolo. Ma anche il primo trimestre 2010 è andato molto bene: a fine marzo contiamo 8mila enti».
Positivo anche il bilancio delle «masse». È stata toccata quota un miliardo di euro: «Un altro bellissimo indice di fiducia: questa cifra è la somma delle risorse che sono state a noi affidate dal Terzo settore e di quelle che noi abbiamo messo a disposizione, accordando finanziamenti o prestiti». La scommessa di Intesa San Paolo è stata dunque vinta e ha incontrato l’apprezzamento degli enti cui Banca Prossima si è rivolta, raccogliendo l’adesione di tutte le forme organizzative del non profit. «C’è una netta prevalenza delle cooperative sociali e delle fondazioni», puntualizza Banchini, «ma fra i nostri clienti ci sono anche associazioni, riconosciute e non». L’istituto cerca di andare incontro alle esigenze di ciascuno di loro, dal momento che «il terzo settore è un mondo molto eterogeneo». Non stupisce perciò apprendere che mentre (per lo più) le imprese sociali hanno bisogno di servizi bancari a 360°, le associazioni sono ad esempio più interessate al servizio di anticipazione del 5 per mille. Quanto alle cooperative, scontano spesso la lentezza con cui gli enti locali saldano le fatture. Hanno perciò qualche difficoltà in più nella pianificazione dei flussi finanziari. Flussi che sono però imprevedibili anche per chi fa raccolta fondi. «È una attività», commenta Banchini, «che ha un grande potenziale. È sempre più diffusa l’esigenza di fare fund raising, ma non tutte le organizzazioni ne hanno consapevolezza. Per alcune è una domanda ancora latente».
Generalizzata invece la tendenza a una grande cautela negli investimenti. «Si preferisce tenere il denaro sul conto corrente o far ricorso a strumenti facilmente liquidabili e con capitali certi», chiosa Banchini.

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