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L’Alzheimer si vede prima, nel corpo calloso del cervello

Una ricerca tutta italiana ha osservato un nesso tra il modificarsi del corpo calloso e l'insorgere dell'Alzheimer

di Redazione

Nuovo passo avanti nella conoscenza dei meccanismi neurodegenerativi che sono alla base della malattia di Alzheimer. Grazie ad uno studio tutto italiano si sono potute evidenziare le progressive modificazioni che subisce il corpo calloso del cervello nelle persone colpite da forme iniziali di demenza (Mild Cognitive Impairment o MCI) e successivamente da Alzheimer di grado lieve.

Il corpo calloso è il fascio di sostanza bianca più grande presente nel cervello umano e le fibre che lo compongono collegano formazioni corticali dei due emisferi perlopiù omologhe, cioè con la stessa funzione. I risultati scientifici scaturiti da questa ricerca potranno avere una ricaduta in ambito clinico, poiché offrono la possibilità di avvalersi dell’osservazione del corpo calloso come di un “biomarker” del cambiamento cerebrale che avviene durante tutto lo sviluppo dell’Alzheimer: dalla fase preclinica (la MCI) a quella di demenza di grado lieve, fino a quella di grado più severo.

A coordinare la ricerca, pubblicata ieri sull’importante rivista internazionale Neurology, è stata la neuropsicologa Margherita Di Paola (in foto), giovane ricercatrice presso il Laboratorio di Neurologia Clinica e Comportamentale dell’IRCCS Fondazione Santa Lucia di Roma e presso il Dipartimento di Medicina e Sanità Pubblica della Facoltà di Medicina dell’Università de L’Aquila. Al lavoro scientifico hanno collaborato il Dipartimento di Neuroscienze dell’Università di Roma Tor Vergata e la Clinica della Memoria di due nosocomi della Capitale: il San Camillo-Forlanini e il San Giovanni Addolorata.

In particolare, lo studio ha messo in evidenza una precoce modificazione delle porzioni anteriori del corpo calloso nei pazienti con MCI amnesico: questi soggetti presentano, generalmente, una compromissione lieve della memoria, associata o meno a quella di un’altra funzione cognitiva ma sempre senza compromissione globale e con conservazione della capacità di condurre le attività della vita quotidiana. Quando tale patologia evolve in malattia di Alzheimer di grado lieve, avvengono modificazioni anche nelle porzioni posteriori del corpo calloso. A questo cambiamento sembrano contribuire due meccanismi: il processo di retrogenesi e la degenerazione Walleriana.

La degenerazione Walleriana invece colpisce secondariamente la sostanza bianca e si manifesta soprattutto nelle regioni posteriori del corpo calloso. In tale processo la degenerazione delle fibre sarebbe secondaria alla morte dei neuroni presenti nella corteccia cerebrale. Quindi, ad una atrofia cerebrale conseguirebbe una degenerazione delle fibre che da quei neuroni si originano. Nella parte posteriore del corpo calloso si proiettano le fibre che originano dai neuroni della corteccia dei lobi temporali e parietali: tali cortecce sono proprio quelle che si atrofizzano più precocemente nella malattia di Alzheimer.

“Il cambiamento del corpo calloso – sottolinea la dottoressa Margherita Di Paola – è una caratteristica misurabile e valutabile obiettivamente. Tale misura può fornire informazioni riferibili a processi biologici normali o alla presenza di processi patogeni, ad un costo relativamente contenuto, quello di una risonanza magnetica, esame ormai entrato appieno nella routine diagnostica”.

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