Il banchetto dei potenti Epuloni

di Redazione

di Fulco Pratesi*
«Così dice il Signore: “Io vi ho condotto in un giardino per saziarvi dei suoi frutti e dei suoi beni. Ma voi, appena stanziati, avete profanato la mia terra, avete reso la mia eredità un’abominazione”».
È piuttosto banale aprire un articolo con una citazione. Ma questa del profeta Geremia (2,7) mi sembra perfetta per introdurre un ragionamento sulla riunione del G8 a L’Aquila. I Grandi della Terra (i cui imperi, vedi caso, si trovano tutti nella parte settentrionale del Pianeta) discuteranno del futuro di questa palla azzurro-verde rotolante nello spazio, che qualcuno, come lo scienziato Jim Lovelock, ha voluto battezzare Gaia, la nostra amata Madre Terra.
Una madre che i figli amano assai poco. Come batteri impazziti, che si moltiplicano ad una velocità vertiginosa, gli uomini, cui il Padreterno ha dato in dono un vero paradiso, si affannano a distruggerlo. In primo luogo devastando quell’esile patina superficiale, spessa non più di una ventina di chilometri, in cui la vita è presente: divorando le foreste, desertificando savane e steppe, saccheggiando gli oceani, detriorando le acque dolci, liquefacendo i ghiacciai, cementificando le pianure, le coste e le montagne. E, indirettamente, inviando le tossine prodotte da una crescita senza progresso a contaminare l’atmosfera e i mari provocando il degrado, forse oramai irreversibile, del clima globale.
In più, come nani folli di avidità, trapanando la crosta terrestre, succhiando via, da famelici vampiri, acque fossili, petrolio, gas, carbone e minerali accumulati nel sottosuolo da milioni e milioni di anni, sperperando così da eredi irresponsabili un patrimonio che nessuno potrà mai ridarci e condannando coloro che verranno dopo di noi ad una vita di miseria e di stenti
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