Mondo
Il fronte palestinese. Ritiro dei coloni. Una svolta, si è rotto un tabù
Ma ora Sharon deve tornare alla Road Map. E intanto dallEgitto una buona notizia (di Janicki Cingoli).
di Redazione
Il governo israeliano è giunto domenica 6 giugno a una sofferta e contrastata approvazione del Piano di disimpegno proposto da Sharon. Il piano, che prevede un ritiro unilaterale da 21 insediamenti a Gaza e da 4 in Cisgiordania, presuppone che alla fine del 2005 non vi siano più ebrei nell?intera area di Gaza, eccetto un corridoio di sicurezza al confine con l?Egitto. Il 14 aprile, il piano era stato approvato con una solenne dichiarazione dal presidente americano Bush. Un importante successo per Sharon, che però non riusciva ad evitare la drastica bocciatura del suo piano, all?inizio di maggio, nel referendum tra gli iscritti al Likud. Il premier tuttavia aveva deciso di andare avanti, conscio che non vi erano alternative politiche, che non si potevano smentire gli accordi raggiunti con gli Usa. Aveva tuttavia introdotto alcuni cambiamenti al piano, come la decisione di abbattere le case dei coloni evacuati, invece di consegnarle ai palestinesi. Una decisione assurda anche dal punto di vista economico, e che si spera possa essere in seguito modificata.
Un?altra modifica non irrilevante è la divisione degli insediamenti in quattro blocchi, da evacuare per gradi, ma da completare comunque entro il 2005, e la decisione che su ogni insediamento da evacuare il governo dovrà pronunciarsi nuovamente. Ma Sharon non riusciva ancora a raggiungere la maggioranza nel governo, e non esitava a dimissionare i due ministri dell?Unione nazionale, di estrema destra, per garantirsi l?approvazione. Egli riusciva così a costringere anche i ministri dissidenti del Likud, guidati da Netanyahu, a votare a favore del piano, che passava con 14 voti contro 7. Due giorni dopo si sono dimessi anche due ministri del Partito nazionale religioso, creando una nuova instabilità, che potrebbe sfociare anche in un governo comprendente il Labour.
Si tratta di una svolta di gran rilievo, anche se andrà verificata la capacità di Sharon di attuare il piano. Che sia la destra a decidere di evacuare un numero così alto di insediamenti, rompe tabù consolidati, crea un precedente determinante e mette Israele di fronte a una realtà cruda: non si può continuare ad affrontare i palestinesi solo in termini di repressione. Ragioni di sicurezza, economiche e anche demografiche impongono allo Stato ebraico, se vuole restare tale, di non continuare a presidiare aree a schiacciante maggioranza palestinese, come Gaza.
L?elemento contradditorio è il carattere unilaterale del ritiro annunciato: il problema cui è di fronte la comunità internazionale è la riconnessione di questa iniziativa alla Road Map, in modo da rilanciare il processo di pace. L?Egitto sta sviluppando parallelamente una significativa iniziativa triangolare di grande significato, puntando a concludere due accordi separati, con Israele e con l?Anp, per garantire la sicurezza dopo il ritiro anche attraverso centinaia di membri della sicurezza egiziana, ed evitare che Gaza cada sotto il controllo dei gruppi islamici.
Janicki Cingoli
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