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WTO in deficit di impegno politico
E necessario accrescere la frequenza delle riunioni ministeriali e dei vertici dei rappresentanti dei 148 Paesi membri. Lo dice un rapporto reso noto oggi a Ginevra
di Redazione
L’Organizzazione mondiale del commercio (Wto) soffre di un deficit di ”impegno politico” ed è necessario accrescere la frequenza delle riunioni ministeriali e dei vertici dei rappresentanti dei 148 Paesi membri. Questa la diagnosi e la terapia elaborate dagli autori di un rapporto sul futuro dell’organizzazione reso noto oggi a Ginevra. I risultati del Wto nella liberalizzazione degli scambi ”sarebbero migliori se l’impegno politico fosse piu’ forte”, afferma il rapporto suggerendo quindi lo svolgimento di una Conferenza ministeriale ad un ritmo annuale (invece di ogni due anni) ed un vertice dei capi di Stato e di governo dei Paesi del Wto ogni cinque anni. Il documento – intitolato ‘Il futuro del Wto ed elaborato da un gruppo di otto esperti indipendenti su richiesta del Direttore generale Supachai Panitchpakdi – propone inoltre un rapporto semestrale ai ministri e la creazione di un gruppo consultativo. ”I rappresentanti dei Paesi membri presso la sede del Wto a Ginevra restano troppo spesso senza chiare istruzioni dei governi fino alla vigilia delle scadenze negoziali”, ha detto il presidente del gruppo di otto saggi, l?ex direttore generale del Wto Peter Sutherland, presentando il documento alla stampa. E dopo il fallimento delle Conferenze ministeriali di Seattle (1999, Usa) e di Cancun (2003, Messico), sono in molti a ritenere necessaria una modifica del funzionamento dell’Organizzazione. Ma il rapporto – che sara’ presentato ai Paesi membri il prossimo 24 gennaio – non ha alcun carattere vincolante. Gli autori del documento – schierato in favore del libero scambio – si dicono ”molto preoccupati per l’attuale proliferazione degli accordi commerciali preferenziali” e suggeriscono di riesaminare i diritti legati alla clausola della nazione piu’ favorita (elemento chiave contro la discrimininazione tra Paesi membri). Inoltre – affermano – ”la necessita’ di concludere il Ciclo di Doha (negoziato avviato dal Wto nel 2001) e’ manifesta”. Inoltre, i membri dei paesi sviluppati dovrebbero fissare la data entro la quale ”tutti i diritti doganali saranno ridotti a zero”, scrivono gli esperti. Lo studio esamina inoltre i rapporti con le agenzie dell’Onu (insistendo sulla specificita’ del mandato del Wto che deve restare un’istanza di negoziati commerciali) e con le organizzazioni non governative (Ong). Un dialogo e’ necessario e utile, ma non obbligatorio con quelle ong che si prefiggono di ”indebolire o distruggere il Wto”. Tra i numerosi temi ancora affrontati dal rapporto – dispute commerciali, situazione dei Paesi in via di sviluppo e ruolo del Segretariato del Wto – di particolare attualita’ sono le riflessioni sulle regole per la nomina del Direttore generale. I saggi sono chiarissimi: ”bisognerebbe evitare ogni tendenza verso un alternanza tra esponenti dei Paesi in via di sviluppo e Paesi sviluppati o tra regioni”. Il solo criterio deve essere quello delle competenze e non l’origine, affermano. Il mandato dell’attuale direttore scade in 31 agosto e la scelta del successore dovra’ essere compiuta entro il 31 agosto. Quattro i candidati in lizza: Carlos Perez del Castillo (Uruguay), Jaya Krishna Cuttaree (Mauritius), Luiz Felipe de Seixas Correa (Brasile), Pascal Lamy (Francia). Il Wto, erede del Gatt, compie quest’anno dieci anni.
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