La Giornata dell’Europa

Un milione di civili europei in Ucraina per un Giubileo della speranza

«Andiamo dal primo al cinque ottobre in Ucraina». È questo l'appello che lancia il portavoce del Movimento europeo di azione nonviolenta Angelo Moretti. «Andiamo anche solo per dire questo: chi resiste ad un’aggressione porta in sé un mistero giubilare a cui noi europei vogliamo appartenere e che vogliamo condividere»

di Angelo Moretti

Dalla mattina del 24 febbraio 2022 ci poniamo in tanti la stessa domanda: che cosa accadrebbe sul fronte dell’aggressione all’Ucraina se un milione di civili europei si riversassero sul suo confine est per dire “No alla guerra! No a questa aggressione!”.

Il Movimento Europeo di Azione Nonviolenta –  Mean è nato esattamente da questa domanda semplice che in tanti amici, e con un tam tam velocissimo, ci siamo posti in migliaia in quei giorni terribili della tentata occupazione di Kyiv, giorni che ancora continuano anche se in forma diversa. Le telefonate con Riccardo Bonacina, con cui condividevamo le battaglie dell’alleanza “Per Un Nuovo Welfare”, le conversazioni sempre illuminanti con Marianella Sclavi, docente di risoluzione creativa dei conflitti e perennemente attivista della pratica nonviolenta, l’attivismo sanguigno di Marco Bentivogli, che si era attivato sul fronte dell’alleanza delle città europee contro la guerra, ed altri ancora. A marzo del 2022 Riccardo Bonacina varcò la frontiera dalla Romania, spinto dalla doppia vocazione del giornalista e dell’impegno sociale, a maggio io, Marianella Sclavi, Anna Spena, giornalista di VITA, e Raffaele Arigliani, pediatra, muovevamo i primi timidi passi a Leopoli per incontrare la società civile ucraina, per ascoltarla e parlare con i suoi protagonisti di nonviolenza attiva e di resistenza. Da lì è stato un fiume in piena. Trentacinque associazioni aderenti, tra cui Azione Cattolica Italiana, Anci, MoVi, Masci, Agesci, Base, Fondazione Gariwo, Piccoli Comuni del Welcome, Reti della Carità, Progetto Sud  e tante altre; tredici missioni in Ucraina, in cinque oblast diversi, Leopoli, Kyiv, Cherniv, Mikolaiv, Brovary, decine di riunioni e conferenze in tutta Italia, i gemellaggi tra comuni ucraini e comuni italiani che iniziano a funzionare dopo i Patti di Leopoli, il disegno e la costruzione di un Peace Village a Brovary, le forsennate raccolte di beni per l’emergenza inverno e più di tremila adesioni pervenute da autorità e persone comuni consegnate al parlamento europeo Strasburgo per la proposta dei Corpi Civili di Pace.

Tantissimo lavoro, ma per cosa? La Federazione Russa non smette di aggredire i civili ucraini, gli Usa minacciano di abbandonare l’Ucraina nelle mani dell’invasore, il rispetto del diritto internazionale ed il funzionamento della Corte  Penale Internazionale crollano sia a Gaza che in Ucraina, gli scenari di guerra si allargano ogni giorno di più, fino al Pakistan, l’Ue non si è ancora attivata, oltre alla difesa militare, e resta in silenzio sugli eccidi in Palestina. Ed in tutto questo inferno di ingiustizie viene meno anche la voce autorevole di Papa Francesco, proprio nell’Anno Santo che avrebbe tanto voluto celebrare con il suo popolo. Un po’ come accadde ai discepoli di Emmaus, potrebbe sembrare che tutto sia stato inutile, potremmo tornare a rinchiuderci affranti nelle nostre case, mentre migliaia di cristi continuano a venire crocifissi ed il mondo sembra in panne, oltre che in fiamme. 

Da questa considerazione, amara, viene la risposta del Mean, su invito del Nunzio Apostolico in Ucraina Visvaldas Kulbokas: organizziamo un Giubileo della Speranza in Ucraina, con gli ucraini! Non possiamo arrenderci alla ragione del più forte, ma soprattutto non possiamo farci prendere dalla disperazione. Come europei, figli e nipoti della liberazione dal nazifascimo e della caduta del Muro, non possiamo rassegnare le nostre dimissioni dalla storia proprio ora, nè possiamo semplicisticamente fermarci a fare il tifo per uno o l’altro degli attori in gioco, la Nato, la Ue, l’Ucraina, Putin, la Palestina, i Brics… Non bastano gli appelli e le raccolte firme, i gesti simbolici, le indignazioni sui social. È il momento di agire, di andare. Perché proprio in Ucraina e non a Gaza, o in Congo, o nel Kashmir? Perché “farsi prossimo” è un impegno serio e non ci si fa prossimi solo con le buone parole e con le intenzioni, ma anche e soprattutto con i propri corpi in movimento. Chi ci impedisce di essere un milione di europei disarmati sul fronte ucraino? Francamente: nessuno e niente, se non la paura di partire. I costi di viaggio sono accessibili ed il tempo per raggiungere in treno una città lontana come Kharkiv o Kherson è inferiore ai due giorni. Solo la paura può inchiodarci alle routine delle nostre vite quotidiane, come se non ci fosse una guerra alle nostre porte. Noi pensiamo che bisognerebbe avere molta più paura di un mondo dove torna a vigere la “legge della jungla”, come ammoniva Francesco, che andare in Ucraina ad affermare che è possibile far avanzare la pace con la forza della nonviolenza. 

In fin dei conti che cosa è la speranza se non un’energia che trascende i dati della realtà triste che ci circonda? Per cosa rischiano la vita i migranti che affrontano il Mediterraneo? Per cosa lottano gli ucraini se non per la speranza di una vita migliore nonostante l’ingiustizia che subiscono ogni giorno? Cosa sperano i palestinesi che non vogliono lasciare la loro terra nonostante il delirio della violenza a cui sono esposti? C’è un’energia superiore ed inspiegabile che evidentemente va oltre la guerra e la pace, che è una leva interiore che porta le persone ad andare oltre il diritto del più forte e che sbugiarda i violenti, quella verità che si fa strada con una forza interiore che Gandhi chiamava Satyagraha. 

Il Giubileo della Speranza in Ucraina non vuole offrire certezze né dare risposte, ma intende dare corpo a quella speranza già viva, affiancandoci alle insicurezze a cui sono esposti i corpi dei popoli oppressi, manifestando un europeismo che è ancora sogno e capacità di rischiare in proprio e non solo sicurezza e comfort zone. A marzo siamo andati a Kharkiv per parlane con diversi leader della società civile ucraina e come sempre li abbiamo trovati entusiasti dell’idea. Direttori d’orchestra, musicisti, pittori, scultori, sportivi, vescovi, scout, ci hanno detto che un Giubileo vissuto insieme, credenti e non credenti, europei ed ucraini, sarebbe un grandissimo dono per loro, una occasione importante per gridare al mondo, insieme, che la pace è possibile. Perché è importante per loro un Giubileo anche se non dovesse avere la forza di fermare Putin neanche per un giorno? Mistero. La forza segreta dell’umanità è in definitiva un mistero, un mistero a cui solo i violenti non possono accedere, perché di fronte ad esso restano dei perdenti e dei nani della storia. 

Andiamo dal primo al cinque ottobre 2025 in Ucraina anche solo per dire questo: chi resiste ad un’aggressione porta in sé un mistero giubilare a cui noi europei vogliamo appartenere e che vogliamo condividere, un mistero da cui saranno esclusi solo i violenti, coloro che il tribunale degli uomini e delle donne di domani (per non arrivare a scomodare Dio), prima o poi condannerà per le azioni commesse, violenze che non resteranno senza vergogna futura per chi le ha commesse. La domanda resta sempre la stessa: ce la faremo ad essere un milione questa volta? 

Ed anche ora viene agli occhi della memoria il volto di Riccardo che prima mi incita a scrivere e poi mi prende in giro: “Angelo non esagerare, un milione…”. Ma lui sa bene, fin da quelle prime telefonate, che non ho mai smesso di credere che non sia impossibile smuovere un milione di persone per un bene così grande, ma potrà avvenire solo se le persone comuni capiscono il potere che dispongono con la loro forza nonviolenta.

In apertura una foto della delegazione del Mean durante l’ultima missione a Kharkiv

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