La Chiesa e il Pianeta
Leone XIV e il clima? Dopo la Laudato si’ non si torna indietro
Papa Prevost porterà avanti le idee di Francesco sull'ambiente? Secondo lo storico ecologista ed editore fiorentino, Giannozzo Pucci, si tratta anche di una scelta obbligata: la Chiesa ormai è tornata alla visione della natura delle origini, che si discosta totalmente da un modello strumentale e tirannico

Tutti conoscono l’impegno di Papa Francesco sul clima. Leone XIV pare andare nella stessa direzione: ha detto, tra le altre cose, che il dominio dell’uomo sulla natura non dovrebbe essere «tirannico» e che «è ora di passare dalle parole ai fatti» in questo ambito.
Secondo Giannozzo Pucci, storico ambientalista italiano, l’enciclica Laudato si’ di Bergoglio ha segnato un punto di svolta e di ritorno alle origini della Chiesa: non sarebbe più possibile tornare a una visione strumentale della natura.

Pucci, cosa pensa del nuovo Papa?
Non lo conoscevo prima di ieri, quando si è presentato al mondo. Ma dopo la Laudato si’ la teologia cattolica sull’ambiente è cambiata completamente rispetto a com’era prima, per sei secoli circa. È difficile ormai tornare indietro.
Quindi chiunque fosse stato avrebbe dovuto mantenere questa linea?
Sì, che era quella dei Padri della Chiesa. Altrimenti Papa Francesco non avrebbe scritto l’enciclica come atto d’amore e di fede che gli è venuto dal cuore. Sant’Efrem il Siro (santo e teologo del IV secolo d.C., ndr) era un poeta, ha scritto delle poesie teologiche strepitose, che rispecchiano le idee della Laudato si’ e che rappresentano la teologia della natura e della creazione tipica del cristianesimo delle origini.
Ma questa idea si era persa per un po’.
Come editore (guida la storica Libreria editrice fiorentina – Lef, quella che pubblicava i lavori di don Lorenzo Milani, ndr), un certo numero di mesi prima che uscisse l’enciclica, avevo organizzato un seminario sul rapporto tra uomo e natura, dalle suore di Santa Marta a Firenze, a cui erano venuti anche vescovi emeriti e teologi. Il seminario si è arenato perché questi ultimi hanno posto il tema del dominio dell’uomo sulla natura, che è vista come uno strumento per l’essere umano. Credo che sia un discorso nato durante la Scolastica. Da lì è partito anche il concetto di scienza su cui si è costruita la società tecnologica, con tutte le sue contraddizioni: l’economia della tecnologia sta distruggendo la natura. Si punta a far sempre più denaro tagliando foreste, inquinando terra e mare.
Lei cosa vorrebbe da questo Papa?
Essendo stato vescovo di una diocesi in Perù, si è trovato davanti a una comunità di fede di contadini poveri, di persone che vivevano della natura. Se tu vivi della creazione non la distruggi. Quando invece viviamo nella tecnologia la natura è lontana, non la conosciamo e non la rispettiamo. Da un Papa che ha avuto l’esperienza dell’agricoltura, mi aspetterei che sollecitasse a cambiare quelle leggi che ostacolano la vita dei contadini e che aiutasse dal punto di vista morale a far sì che le nostre campagne si svuotino di macchine e di deserti e si riempiano di famiglie, di gente, di comunità. Di persone che vivono della natura senza inquinarla, anzi, arricchendola di fertilità. Passando, insomma, dall’attuale mercato mondiale a mercati regionali e locali.
Che potere può avere su questo un Papa?
Quello di sollecitare ad andare in questa direzione e sostenere chi già ci va. Mi ricordo che don Milani, nel suo libro Esperienze pastorali, diceva che quello che fa la Chiesa arriva sempre più tardi rispetto a quello che fa il mondo. Ora siamo in una situazione capovolta: oggi praticamente la Chiesa si trova all’avanguardia. Tutto ciò che il Papa, i vescovi, le diocesi e le parrocchie sollecitano a fare è un po’ più avanti rispetto al mondo.
Nella foto di apertura, di Cecilia Fabiano per LaPresse, Leone XIV si reca in San Pietro per il suo primo Regina Coeli.
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