Verso il referendum

L’Italia ha bisogno di cittadini (vecchi e nuovi)

L'editoriale di VITA magazine di maggio (che presenta alcune novità grafiche) è firmato dal direttore e schiera la testata a favore del "sì" alla riduzione da dieci a cinque anni delle tempistiche per l'ottenimento della cittadinanza da parte degli stranieri che risiedono regolarmente nel nostro Paese

di Stefano Arduini

Lo scorso gennaio in occasione della 59esima Giornata mondiale delle comunicazioni sociali, papa Francesco scrisse queste parole: «Troppo spesso oggi la comunicazione non genera speranza, ma paura e disperazione, pregiudizio e rancore, fanatismo e addirittura odio. Troppe volte essa semplifica la realtà per suscitare reazioni istintive; usa la parola come una lama; si serve persino di informazioni false o deformate ad arte per lanciare messaggi destinati a eccitare gli animi, a provocare, a ferire. Ho già ribadito più volte la necessità di “disarmare” la comunicazione, di purificarla dall’aggressività. Non porta mai buoni frutti ridurre la realtà a slogan. Vediamo tutti come — dai talk show televisivi alle guerre verbali sui social media — rischi di prevalere il paradigma della competizione, della contrapposizione, della volontà di dominio e di possesso, della manipolazione dell’opinione pubblica. C’è anche un altro fenomeno preoccupante: quello che potremmo definire della “dispersione programmata dell’attenzione” attraverso i sistemi digitali, che, profilandoci secondo le logiche del mercato, modificano la nostra percezione della realtà. Succede così che assistiamo, spesso impotenti, a una sorta di atomizzazione degli interessi, e questo finisce per minare le basi del nostro essere comunità, la capacità di lavorare insieme per un bene comune, di ascoltarci, di comprendere le ragioni dell’altro. Sembra allora che individuare un “nemico” contro cui scagliarsi verbalmente sia indispensabile per affermare sé stessi. E quando l’altro diventa “nemico”, quando si oscurano il suo volto e la sua dignità per schernirlo e deriderlo, viene meno anche la possibilità di generare speranza. Come ci ha insegnato don Tonino Bello, tutti i conflitti “trovano la loro radice nella dissolvenza dei volti”. Non possiamo arrenderci a questa logica».

Nelle prossime settimane la mostrificazione della realtà vivrà un momento apicale. L’8/9 giugno infatti è in calendario la due giorni referendaria. Uno dei quesiti, il numero 5, riguarda la cittadinanza. Se passerà, saranno ridotti da dieci a cinque gli anni di residenza legale in Italia richiesti per poter avanzare la domanda di cittadinanza italiana che, una volta ottenuta, sarebbe automaticamente trasmessa ai propri figli e alle proprie figlie minorenni. Il tema, ricordano i promotori, secondo le stime coinvolge 2,5 milioni di persone. Coinvolge i migranti, ma riguarda tutti noi. Ce lo presenteranno come un duello fra chi sta coi migranti versus chi è contro. Una contrapposizione di maniera al servizio di un giornalismo facilone, pigro e velenoso. 

Chi scrive andrà a votare convintamente a favore della riduzione delle tempistiche di ottenimento della cittadinanza. Sarebbe un risultato importante. I pronostici però danno per molto improbabile il raggiungimento del quorum. Ma a prescindere dal passaggio alle urne rimane uno snodo: la nostra è una società che ha un estremo bisogno di partecipazione. Su questo punto c’è unanimità. E allora che senso avrebbe non aprire le porte della cittadinanza a 2,5 milioni di persone che già vivono legalmente nel nostro Paese? Se usciamo dal fanatismo partitico e “giornalistico” denunciato da Francesco, la risposta non può che essere: nessuno. Schierarsi al referendum è necessario, ma non sufficiente. Qualunque sia l’esito delle urne occorre che il tema della partecipazione civile e politica in un Paese ormai abituato ad eleggere i suoi rappresentanti con meno del 50% degli aventi diritto vada affrontato senza infingimenti. Italiani di sangue o stranieri di origine: cittadini non si nasce, cittadini si diventa. 

Secondo il consiglio d’Europa «il concetto di cittadinanza ha molti più livelli di significato di quello di nazionalità. Oggi “cittadinanza” non è solo un termine legale ma si collega — tra le altre cose — al senso di appartenenza dell’individuo, per esempio a una comunità che egli può plasmare e influenzare direttamente». Per disarmare la comunicazione e civilizzare il confronto sociale servono cittadini responsabili. Cittadini interessati e appassionati nel plasmare la propria comunità. Ce ne sono sempre meno: questo è l’elefante nell’armadio che facciamo finta di non vedere. 

Per generare responsabilità (e quindi confronto, e quindi partecipazione, e quindi sicurezza, e quindi benessere) occorre creare contesti dove si impari a essere cittadini responsabili e attivi. 

Come? Per esempio scommettendo su scuola e Terzo settore.  Coinvolgere gli studenti (ancora una volta: italiani o di origine straniera poco importa) in attività di partecipazione civica (su questo punto l’associazione Labsus è un deposito di ottime prassi) e favorire esplicitamente la diffusione dell’associazionismo, del volontariato e della cooperazione sociale sono due carte essenziali da giocare  per aumentare la qualità della partecipazione e della cittadinanza nel nostro Paese. Un principio che vale prima e dopo il referendum. 

Con questo numero VITA magazine introduce alcune novità grafiche (un progetto firmato dai nostri Matteo Riva e Antonio Mola) e di contenuto. La prima parte prende il nome di Societas e ospiterà oltre a diverse conferme, nuove firme come quella dei giovani fotografi dell’Istituto italiano di fotografia, di Salvatore Garzillo, del collettivo del Teatro del Lunedì e di Rosy Russo (founder di Parole Ostili). Compito di Societas sarà quello di aprire “sguardi inediti sulla realtà”, aiutandoci a vedere quello che oggi non riusciamo scorgere della società in cui viviamo travolti nella melassa caotica dell’infotainment contemporaneo. In Copertina troverete come ormai di consueto l’approfondimento del mese valorizzato dal nuovo layout grafico più agile e leggibile. Infine nella terza parte che abbiamo ribattezzato Communitas spazio alle idee e alle pratiche dei “costruttori di relazioni”. Fra cui due nuovi appuntamenti fissi: i dialoghi con il change maker e l’abbonato del mese. Senza stravolgimenti abbiamo pensato a un nuovo modo di leggere V ITA affinché diventi ancora di più, ascoltando Francesco, uno strumento di un giornalismo costruttivo alla portata di un pubblico sempre più largo.  Buona lettura (e se volete fatemi pure sapere cosa ne pensate, volentieri leggerò le vostre osservazioni: s.arduini@vita.it).

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