Innovazione sociale

Bolzano, quando la co-progettazione crea una Terraferma per i giovani

di Francesco Crippa

Dalla collaborazione strutturata tra pubblico, privato e cittadinanza nasce un innovativo polo educativo-culturale grazie a un percorso partecipato. Non solo un luogo di incontro, ma una vera e propria "piazza coperta" pensata per rigenerare il tessuto sociale e offrire a bambini e ragazzi un punto di riferimento solido per il loro sviluppo

«La parte sfidante è stata far sì che alla fine del lavoro tutti si sentissero rappresentati, ma il bello è stato proprio vedere che eravamo tutti concordi su quello che volevamo essere». È con queste parole che Andrea Penazzi commenta il percorso che ha portato alla nascita di Terraferma, il nuovo polo educativo-culturale di cui è direttore. Un percorso articolato ma innovativo, fatto di una co-progettazione a tre livelli in cui la parola d’ordine è stata «partecipazione», destinato a segnare un punto di svolta nell’elaborazione delle politiche giovanili e culturali della Provincia autonoma di Bolzano.

Terraferma, infatti, è un progetto (in fieri) nato su iniziativa della parrocchia di San Giovanni Bosco del Centro Syn Don Bosco, realtà sorta dall’unione di altre due che già avevano sede nell’oratorio, la Biblioteca Sandro Amadori e il Centro giovanile Pierino Valer. Un sostegno fondamentale, sia a livello economico che organizzativo, lo ha dato la Ripartizione cultura Italiana della Provincia autonoma tramite l’Ufficio politiche giovanili e l’Ufficio educazione permanente, biblioteche e audiovisivi. Un incontro inedito – si tratta della prima volta in cui un’esperienza di questo tipo ha un grado di strutturazione simile – tra pubblico e privato (e curia), apertosi poi alla cittadinanza con un triplice obiettivo: da un lato, rispondere a una sfida educativa e a una domanda di socialità emersa dalla comunità che abita il quartiere. Dall’altro, trasformare un luogo generalmente chiuso rispetto al mondo, dove i giovani sono “protetti”, in un luogo in connessione con le altre componenti della società.

Un percorso partecipato per una risposta innovativa

Ma andiamo con ordine. Come idea, Terraferma è nata qualche anno fa. «Il tema di unire le forze della Biblioteca e del Centro giovanile era emerso già da parecchio tempo», spiega Penazzi, che prima di diventare direttore del Syn Don Bosco era già educatore nel Centro giovanile. «L’idea di base era quella di far camminare assieme due realtà che abitavano lo stesso luogo e che si concentravano su target simili in modi diversi, cioè la prima con un approccio più culturale e la seconda con uno sguardo più educativo in senso lato. A dare un impulso in questa direzione è stata la parrocchia, che nel 2023 ha venduto la canonica per finanziare un progetto di rinnovamento degli spazi».

Così, nel 2024 è nato il Centro Syn Don Bosco, che da subito ha avviato un percorso che portasse alla realizzazione di un nuovo polo educativo-culturale. «Abbiamo aperto un dialogo con i due uffici competenti della Provincia, che senza esitare hanno sostenuto l’idea», continua il direttore di Terraferma. «Di qui, abbiamo pensato a un percorso partecipato che ci consentisse di mettere a fuoco i nostri valori, perché è vero che si trattava di mettere insieme realtà che condividevano gli spazi, ma comunque di fatto non si era mai ancora lavorato insieme». 

A facilitare il dialogo è stata Pares, cooperativa specializzata in percorsi di progettazione partecipata e sviluppo di comunità, grazie alla quale si è arrivati alla stesura di un manifesto del nuovo polo e alla creazione di una identità visuale precisa, tagliata su misura sugli obiettivi prefissati. «Abbiamo formato un gruppo di lavoro con le persone della parrocchia, delle due realtà confluite in Syn Don Bosco e con dei rappresentanti della Provincia e insieme abbiamo ragionato su quali valori mettere alla base di quello che poi ha preso il nome di Terraferma», illustra Irene Sorrentino, progettista e facilitatrice di processi partecipati di Pares che ha seguito i lavori assieme a Maria Piccio e Viola Petrella, che si è occupata della parte illustrativa. «Siamo quindi arrivati al manifesto, che di fatto è un biglietto da visita, un modo per la nuova realtà di presentarsi alla comunità».

Il grande passo, dal gruppo di lavoro alla città

Da qui, è stato fatto un passo in avanti per salire al secondo livello di progettazione, coinvolgendo altri attori locali del territorio: associazioni, cooperative, scuole, parrocchie, ma anche privati cittadini. In totale, oltre cinquanta soggetti. Il loro coinvolgimento è avvenuto in due incontri. Nel primo sono stati presentati i risultati del percorso del gruppo di lavoro e sono stati individuati i filoni tematici di intervento di Terraferma: formazione, aggregazione spontanea e convivialità, scoprire e coltivare nuovi talenti, genitorialità, intergenerazionalità, cittadinanza attiva, ma anche un luogo che racconta storie e crea comunità. Nel secondo incontro, divisi in gruppi i vari player hanno lavorato per dare concretezza a questi filoni, ipotizzando le attività da svolgere e i soggetti da coinvolgere.


Per farlo, è stata adottata la tecnica “Opera”, che favorisce un dialogo ordinato e fortemente orientato al fare sintesi. Si tratta di una tecnica di partecipazione guidata in cui ogni lettera consiste a una particolare fase del percorso: si passa dalle Opinioni personali, ai Punti di vista a confronto, quindi all’Esposizione, poi si vota (Ranking in inglese) e, infine, si fa ordine (Arranging). Il metodo è risultato vincente. «È una strategia che coinvolge e nel momento in cui tutte le realtà si sono sentite pienamente prese in considerazione è stato più facile andare oltre la logica dei rispettivi orticelli. È un po’ la stessa cosa che accade con i ragazzi: se si dà spazio a uno, se lo si coinvolge, poi quello inizierà a esprimersi autonomamente», commenta Penazzi.

Il risultato di questo doppio incontro è stato duplice. Da un lato è stato compilato un catalogo di attività rimasto in dote a Terraferma. Dall’altro, si è dato vita a un insieme di relazioni:«È stato grandioso aver coinvolto così tante realtà in questo percorso e aver potuto dare loro un volto», esulta Gianpaolo Zuliani, il parroco del Don Bosco. «Magari alcune di loro le conoscevamo già, ma solo di nome, mentre altre invece non sapevamo chi fossero e ora camminiamo con loro».

Il nostro obiettivo è quello di ricreare un tessuto sociale nel nostro quartiere

Gianpaolo Zuliani

Il percorso partecipato è arrivato così a un terzo livello di partecipazione, che ha coinvolto tutta la comunità non solo del quartiere ma della città intera. Il 10 maggio è stata organizzata una “giornata emblematica” per dare un’idea di cosa sarà Terraferma e, contemporaneamente, allargare lo spazio partecipativo. Nell’oratorio, infatti, non ci sono solo state “anteprime” delle attività che verranno fatte, ma alcuni spazi sono stati affidati ad altre realtà che magari nemmeno hanno fatto parte di tutto il progetto. «Questi momenti danno concretezza al percorso», sottolinea Irene Sorrentino di Pares. «Inoltre, permettono anche di misurare in maniera pratica la dimensione collaborativa che si è assunta, perché un conto è dire “Qui ci sarà questo spazio” e un altro è dire “Vieni ad assaggiare che cosa sarà”».

Terraferma, un punto di approdo ma anche di partenza

E che cosa sarà, di preciso, Terraferma? «Il nostro obiettivo è quello di ricreare un tessuto sociale nel nostro quartiere: vogliamo tirare fuori di casa le persone e ricostruire una comunità», spiega il parroco Zuliani. Il nuovo polo educativo-culturale sarà un ambiente dove verranno proposti dei modelli educativi presenti in grado di accompagnare lo sviluppo consapevole dei ragazzi. Se il radicamento nel tessuto sociale del quartiere del Centro giovanile e della Biblioteca Sandro Amadori – tra l’altro l’unica nella Provincia specializzata in letteratura per bambini e ragazzi – è stato fondamentale in quanto punto di innesto del nuovo progetto, per garantire un salto di qualità è stata necessaria l’ibridazione dei servizi e delle opportunità offerte: le due realtà, ora, non lanceranno più iniziative indipendenti, ma lo faranno in maniera coordinata.

Centrali, nella vita di Terraferma, saranno i laboratori: oltre a uno dedicato al cibo e uno alle materie stem ci saranno un game lab e un piccolo maker space, un’officina di fabbricazione digitale il cui scopo è quello di incentivare la media education e stimolare nei più giovani un utilizzo creativo ma anche appropriato delle nuove tecnologie.

Bambini si divertono con una stampante 3d durante la “Giornata emblematica” del 10 maggio
(foto Archivio Terraferma)

«Non imponiamo nessuna visione», rassicura il direttore Penazzi, «ma ci limitiamo a stimolare i ragazzi ibridando diversi spunti. Vogliamo che questo posto sia per loro un approdo, ma soprattutto anche un punto da cui prendere il largo nella propria vita». Terraferma sarà anche a disposizione degli adulti. «Abbiamo notato che c’è una difficoltà da parte dei genitori a pensare attività interessanti da fare con i figli», spiega. «Hanno, ci sembra, un approccio che più che altro mira a ‘parcheggiare’ il bambino, a distrarlo. È come se non avessero voglia di fare la fatica di stargli dietro, ma educare significa proprio fare fatica». Per questo, ci saranno attività dedicate allo sviluppo del rapporto genitore-figlio.

In questo modo, Terraferma rispetta tutte le linee di sviluppo e obiettivi di impatto delle nuove politiche giovanili studiate dalla Provincia di Bolzano. I momenti dedicati, per esempio, alla media education rispondono alla volontà di creare percorsi di approfondimento che forniscano strumenti critici per comprendere la realtà. I laboratori, soprattutto il Fab lab digitale, daranno vita a una dimensione di sperimentazione in grado di coinvolgere i ragazzi come singoli e in gruppi informali. Infine, restituendo al quartiere una vera piazza,  Terraferma persegue l’obiettivo dell’accessibilità, rendendo fruibili a tutti grazie a una bassa soglia di accesso architettonico luoghi e spazi destinati alle pratiche culturali altrimenti quasi nascosti.

Una “piazza coperta” per il quartiere

Come si diceva, infatti, quello educativo-culturale non è l’unico piano di intervento di Terraferma. La nuova realtà risponde anche al sentito bisogno della popolazione del quartiere di riavere una piazza, intesa come spazio urbano che sia davvero un punto di aggregazione. Da decenni, infatti, il quartiere ha perso il suo centro di gravità, appunto piazza Don Bosco. Formalmente esiste ancora, ma passeggiando per di lì si ha ben poco l’impressione di essere in una piazza, piuttosto sembra un insieme di vie e slarghi che può perfino confondere un visitatore inesperto o un postino che cerca il civico giusto. Ebbene, pilastro di Terraferma è la volontà di intervenire in questa direzione, ridando al quartiere un nuovo centro. Sarà una piazza figurata, perché sarà dentro il teatro della vecchia parrocchia, ma non per questo meno vera e piena di vitalità.

Il vecchio teatro prima dell’inizio dei lavori (maggio 2024, foto Archivio Terraferma)

A dare forma agli spazi interni di questa “piazza coperta” è stato l’architetto Marco Muscogiuri (Alterstudio Partners), che ha immaginato un luogo flessibile. «Sarà multiforme, ispirato al concetto di mixité», ha spiegato l’architetto. Non sarà, cioè, uno spazio pensato per un’unica funzione, come può essere un teatro, ma per assolverne diverse.

L’architetto Muscogiuri presenta i render del progetto durante la “Giornata emblematica” del 10 maggio (foto Archivio Terraferma)

Insomma, una «piazza polifunzionale», in grado di adattarsi agli obiettivi che Terraferma vuole raggiungere oggi ma anche a quelli che fisserà in futuro. «Sarà molto di più di un semplice luogo di ritrovo», sottolinea ancora Muscogiuri. «Sarà un catalizzatore sociale, uno spazio accogliente dove i giovani potranno incontrarsi, esprimersi, crescere e sentirsi parte di una comunità». 

Il futuro, verso un legame sempre più stretto con il settore pubblico

I lavori, finanziati per 920mila euro dalla parrocchia e per 896mila dalla Ripartizione cultura italiana della Provincia autonoma di Bolzano, termineranno entro la fine dell’anno. Nel frattempo, a partire dall’avvio del prossimo anno scolastico Terraferma diventerà anche un polo educativo territoriale, il nuovo strumento pubblico attivato dalla Provincia che consiste in una collaborazione strutturata tra scuole e centri giovanili per offrire ai ragazzi un programma educativo integrato, che prosegue cioè oltre i muri delle aule. Tra le attività che, in questa nuova veste, Terraferma potrebbe attivare c’è “Pit-stop”, un progetto ideato dal fu Centro giovanile Pierino Valer destinato agli studenti che hanno ricevuto a scuola un provvedimento disciplinare come la sospensione. In sostanza, invece che starsene a casa o seduti in presidenza, ai ragazzi viene proposto un utilizzo del tempo diverso, che si finalizza in attività di volontariato come l’aiuto-compiti ai più piccoli o il sostegno a persone bisognose.

In apertura: un momento della “Giornata emblematica del 10 maggio” (foto Archivio Terraferma).

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