Attivismo

Israele a Gaza: non è mai stata autodifesa, ma punizione collettiva

«Non accettiamo si possa ancora parlare di “diritto alla difesa” per chi occupa da 75 anni», grida dal palco di Roma Walter Massa, presidente di Arci nazionale, che è intervenuto alla manifestazione "in piazza per Gaza, basta complicità". «Come Arci, lo diciamo con chiarezza: non c’è più spazio per l’ambiguità. Non c’è più tempo per parole vuote. È in corso un progetto politico di annientamento del popolo palestinese. Un regime di apartheid condotto con violenza sadica, che non risparmia nessuno». L'intervento integrale

di Walter Massa

Per chiedere la fine dell’invasione israeliana della Striscia di Gaza, che in quasi due anni ha provocato quasi 60mila morti, una grande manifestazione si è tenuta sabato pomeriggio a Roma, in Piazza San Giovanni: hanno marciato insieme 300mila persone. L’evento è stato promosso congiuntamente da PD, M5s e Avs e ha visto la partecipazione di molte associazioni. Qui l’intervento integrale di Walter Massa, presidente di Arci Nazionale.

Care amiche e cari amici, compagne e compagni, siamo qui con un ritardo che pesa. Dopo quasi 60mila morti accertati, di cui 20mila bambini. Dopo 120mila feriti, 35mila dei quali con danni permanenti. Dopo che oltre l’80% delle infrastrutture necessarie alla vita è stato distrutto. Dopo omicidi mirati contro civili, operatori umanitari, medici, giornalisti.

Siamo in ritardo perché già alla fine del 2023, la stessa Organizzazione Mondiale della Sanità, incontrata durante la prima Carovana per Rafah nel marzo 2024, ci disse che la situazione nella Striscia era apocalittica: si moriva di fame, sete, mancanza di cure, con gli aiuti bloccati ai valichi per decisione del governo israeliano. Quella stessa Carovana che, poche settimane fa, ci ha riportati a Rafah, con la delegazione più numerosa mai arrivata fin lì. Davanti a noi un valico chiuso, mentre a pochi chilometri da noi l’aviazione israeliana bombardava senza sosta.

Siamo qui in questa piazza convocata dalle forze di opposizione che ringrazio, perché non possiamo più tollerare l’indifferenza che ha contraddistinto almeno 16 dei 18 mesi successivi al tragico 7 ottobre 2023 – un giorno che ha visto, anche lì, morire civili innocenti. Siamo qui dopo due carovane che ci hanno portato alle porte dell’inferno, e dopo le accuse presentate alla giustizia internazionale, che definiscono quello che accade a Gaza per quello che è: un genocidio. Eppure, mentre la Corte penale internazionale chiede il mandato d’arresto per Netanyahu, le grandi potenze fanno finta di nulla. Siamo qui per dire che non si torna indietro. Né dalle mobilitazioni, né dalle denunce. E oggi vi chiedo di non arretrare nemmeno di un passo sulla mozione congiunta che avete presentato: serve andare avanti, con ancora più coraggio e determinazione.

Per troppo tempo, balbettii e silenzi sono sembrati complicità. Le dispute sui termini, un’offesa all’intelligenza e alla memoria delle vittime. Di tutte le vittime innocenti. Come Arci, lo diciamo con chiarezza: non c’è più spazio per l’ambiguità. Non c’è più tempo per parole vuote. È in corso un progetto politico di annientamento del popolo palestinese. Un regime di apartheid condotto con violenza sadica, che non risparmia nessuno.

E questo progetto ha radici profonde, non solo in Medio Oriente. È parte del pensiero della destra ultraliberista internazionale, che ha in Trump, Orban, Milei, Meloni e Netanyahu i suoi esecutori. Una rete ideologica che punta a cancellare diritti, libertà, resistenze, ad usare la politica per distruggere lo spazio pubblico. 

Come spiegare altrimenti 16 mesi di silenzio? Come giustificare ospedali distrutti, campi profughi bombardati, bambini mutilati, corpi sotto le macerie, cani affamati che scavano tra i resti dei bombardamenti per cibarsi anche di ciò che resta di quei corpi martoriati? Non è mai stata autodifesa. È punizione collettiva, è occupazione, è sadismo. E chi parla ancora di “equilibrio” o “proporzionalità” si rende complice.

Non accettiamo si possa ancora parlare di “diritto alla difesa” per chi occupa da 75 anni. Non accettiamo che la parola “sicurezza” serva a mascherare la violenza sistemica di uno Stato che colonizza, espelle, uccide.
E il nostro governo?  È tra i più ipocriti. Firma appelli di pace, ma stringe accordi militari. Finge di sospendere le esportazioni di armi, ma continua a inviarle. Parla di “due popoli, due Stati”, ma si rifiuta di riconoscerne uno. E intanto, criminalizza chi protesta, chi boicotta, chi espone una bandiera palestinese dal balcone.

Noi siamo dalla parte di chi si mobilita. Con gli studenti che chiedono la rottura dei rapporti accademici finalizzati agli armamenti. Con chi lotta per la giustizia, anche dentro le istituzioni. Con chi ogni giorno, anche in Israele – e voglio ricordarlo – si reca ai valichi per portare cibo e acqua, in un gesto di disobbedienza civile che in Italia, con il nuovo decreto sicurezza, può costare fino a 5 anni di carcere. Noi abbiamo sempre saputo da che parte stare. Per questo abbiamo rifiutato la “guerra delle parole”, le censure sui termini, le discussioni macabre sul vocabolario da usare.

Nella vita si sceglie. E noi abbiamo scelto. Abbiamo scelto la parte di chi lotta per esistere. Di chi chiede giustizia, dignità, pace. E oggi siamo parte di un movimento che chiede con forza: il cessate il fuoco immediato e permanente; la fine delle operazioni militari e del blocco su Gaza; lo stop immediato alla vendita di armi a Israele; la sospensione dell’accordo di cooperazione militare tra Italia e Israele; e il riconoscimento dello Stato di Palestina da parte dell’Italia e dell’Unione Europea. E diciamo anche basta: basta criminalizzare il dissenso, basta confondere strumentalmente la critica al Governo Israeliano con antisemitismo.

Voglio dirlo con le parole di Enrico Berlinguer: “Sia ben chiaro che compiendo questa denuncia noi restiamo risolutamente ostili all’antisemitismo. Perché contrari ad ogni forma di odio razziale a cominciare naturalmente da quello da cui sono pervasi gli attuali governanti di Israele. E anche in questa occasione vogliamo esprimere la nostra solidarietà e ammirazione tutti quegli ebrei che dentro e fuori lo Stato d’Israele si sono opposti e hanno condannato la condotta dei governanti di quel Paese”.

Noi continueremo a stare dalla parte giusta. Nelle scuole, nelle università, nei circoli, nelle strade. Continueremo a costruire un’alleanza internazionale per la libertà e l’autodeterminazione del popolo palestinese. Oggi non è un punto di arrivo, ma un altro passo. Dalla prima Carovana a Rafah, alle piazze contro il genocidio, contro il riarmo, contro il decreto sicurezza. Fino alla mozione unitaria di questi giorni. E ora, verso la grande manifestazione del 21 giugno qui a Roma.  Una giornata promossa da oltre 300 associazioni, movimenti, sindacati, partiti e reti sociali. Una piattaforma politica a cui stiamo lavorando da mesi, con fatica ma con grande impegno e dedizione inclusiva  per chi vuole un mondo diverso da quello che ci stanno propinando. Per dire no all’autoritarismo, alla violenza, al neocolonialismo. E per affermare che la solidarietà non si arresta, la libertà non si bombarda, la giustizia non può più aspettare.

Photo by Cecilia Fabiano/LaPresse

Cosa fa VITA?

Da 30 anni VITA è la testata di riferimento dell’innovazione sociale, dell’attivismo civico e del Terzo settore. Siamo un’impresa sociale senza scopo di lucro: raccontiamo storie, promuoviamo campagne, interpelliamo le imprese, la politica e le istituzioni per promuovere i valori dell’interesse generale e del bene comune. Se riusciamo a farlo è  grazie a chi decide di sostenerci.