Adolescenti, basta etichette

AAA Spazi d’esordio cercasi disperatamente

Gli adolescenti sono per definizione un potenziale. E questo potenziale inesplorato «ha bisogno di essere visto, coltivato, promosso intenzionalmente e pubblicamente. Oggi invece manca la capacità di accogliere gli esordi». Ai nostri ragazzi dobbiamo dare «spazi di esordio», li chiama il sociologo Stefano Laffi con un’espressione bellissima. «Dobbiamo dare più possibilità di “prime volte”». Leggi l'intervista nel nuovo numero di VITA

di Sara De Carli

Non ci vedono, prima ancora che non ci capiscono: gli adolescenti l’hanno sempre detto, nel raccontare il loro rapporto con gli adulti. «Non essere visti voleva dire sentirsi osservati prevalentemente per quello che non sono, non sanno e non fanno: cioè con la lente delle aspettative e delle proiezioni», osserva Stefano Laffi, sociologo, esperto di progetti di partecipazione. Dalla pandemia in avanti, invece, gli adolescenti li abbiamo sì visti, ma solo come soggetti sofferenti e fragili. «Loro stessi hanno capito che a nominare questi temi… gli adulti si girano. Oggi c’è una grande attenzione sugli adolescenti, ma sostanzialmente con sguardi psicocentrici, che li vedono come portatori potenziali di malessere», annota. Quello che ancora non sappiamo vedere, invece, è il potenziale degli adolescenti: «È questo che ci manca: l’idea politica che gli adolescenti possano avere un ruolo attivo e trasformativo nella vita pubblica e nello spazio collettivo. Vedere gli adolescenti come persone in grado di fare cose e di dare un contributo: non semplicemente soggetti che devono aspettare il loro turno. Gli adolescenti sono un giacimento potenziale ma inutilizzato di energie positive da mettere a disposizione della collettività».

Per Laffi, però, «questo potenziale in parte è sconosciuto ai ragazzi stessi, perché è una cosa che scopri solo facendola, quando qualcuno ti ingaggia»: basti pensare alla risposta degli adolescenti quando c’è un’emergenza, sono sempre in prima linea. E poi? Che fine fanno? Il punto cruciale quindi è che «il potenziale degli adolescenti va esplorato, coltivato, promosso intenzionalmente e pubblicamente. Oggi invece manca la capacità di accogliere gli esordi». «Spazi di esordio», li chiama Laffi con un’espressione bellissima. E aggiunge una precisazione ancor più bella: «Dobbiamo dare più possibilità di “prime volte”». Ecco allora il volontariato, il civismo, ma anche il lavoro, perché «ci sono un sacco di ragazzi che a 16 anni avrebbero voglia di cominciare a lavorare, per avere un po’ di soldi e di autonomia, ma il mondo del lavoro vuole solo persone già capaci. Il lavoro invece è la classica palestra dove i ragazzi potrebbero scoprire potenzialità diverse da quelle dei bravi studenti, comprendere in cosa si è capaci e cosa ci fa stare bene. Un altro campo interessante è quello artistico: il teatro funziona così bene con gli adolescenti perché permette loro di scoprirsi, di misurarsi con la parola, con il corpo, con l’espressione di sé, con il pubblico prima di “andare in scena” nella vita. Senza scordare che più si procrastina il tempo dell’esordio, più questo gonfia di aspettative e quindi di ansia». 

Dal corpo all’amicizia, dalla rabbia alle relazioni, nel nuovo numero di VITA, Adolescenti, quello che non vediamo, sette esperti ragionano su sette parole chiave e smontano ciò che pensiamo di sapere sui teenager di oggi, così diversi da quelli che noi siamo stati. Se hai un abbonamento leggi subito Adolescenti, quello che non vediamo e grazie per il tuo sostegno. Se vuoi abbonarti puoi farlo a questo link.

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