Famiglia
Ma troppo spesso ho visto disabili “parcheggiati”
Troppo spesso le cooperative di tipo b impiegano i disabili solo per obbligo di legge. Facendo un bilancio sociale. Intervista a Pietro Barbieri.
di Redazione
«Per noi la cooperazione sociale rappresenta un presidio alla qualità dei fornitori di servizi, e uno strumento di promozione di forme di occupazione». Handicap e cooperazione sociale sono legate da un doppio filo che fa di quest?ultime lo strumento attraverso cui promuovere l?inserimento lavorativo e il soggetto che, meglio di altri, dovrebbe essere in grado di progettare e gestire interventi mirati sulle specifiche esigenze dell?utenza. «Ed è per via di questo duplice legame», spiega Pietro Barbieri, presidente della Fish, «che il bilancio sociale rappresenta la cartina di tornasole cui prestare particolare attenzione».
Vita: In che modo la qualità dovrebbe essere rappresentata nel bilancio sociale?
Pietro Barbieri: Le cooperative sociali di tipo A sono nate per dare servizi in un momento in cui i servizi non c?erano, sono state lo strumento di sviluppo sociale ed economico dei territori, il loro attivismo ha dato vita al fenomeno che viene definito deistituzionalizzazione. Finita quella fase se ne è aperta un?altra, che impone nuove sfide. Oggi non abbiamo più bisogno di qualunque cosa purché sia alternativa ai servizi istituzionali, oggi chiediamo che il servizio offerto dalla cooperazione sociale sia di qualità, e sia garantita la partecipazione nelle scelte che la cooperazione fa in relazione alla progettazione ella gestione dei servizi.
Vita: In che modo?
Barbieri: Alla cooperazione di tipo A chiediamo più qualità e non solo mera gestione di manodopera. Il che vuol dire che non deve essere una persona diversa dall?utente a decidere gli standard qualitativi del servizio. Alla cooperazione sociale di tipo A chiediamo di fare un passo indietro rispetto alle scelte e di lavorare insieme su programmi di selezione e formazione del personale. Questo nuovo quadro identitario deve poi trovare una sua modalità di rappresentazione nel bilancio civilistico e, a maggior ragione, in quello sociale. E potrà trovarlo solo se vi sarà una maggiore partecipazione nella definizione delle scelte strategiche dei singoli utenti e di quei gruppi sociali che li rappresentano.
Vita: Passiamo alla cooperazione di tipo B. Anche qui quali indicazioni, e secondo quali modalità, il bilancio sociale può dar conto dell?attività dell?impresa?
Barbieri: La cooperazione sociale di tipo B è una sorta di grande buco nero. In tutte le relazioni tecniche di valutazione vengono indicate come strutture che non stanno sul mercato e che riescono ad andare avanti solo grazie a sostegni pubblici. La nostra preoccupazione principale è che le persone impiegate siano assorbite nell?attività di un?impresa assistenziale che non è in grado di creare opportunità. A noi non interessano forme di imprese dove parcheggiare persone, ma vogliamo essere partecipi di un?impresa sociale che impiega persone con disabilità che siano in grado di spendersi su un?area di mercato ben precisa. Spesso invece le coop sociali di tipo B mancano di un progetto di impresa e si trasformano in luoghi dove si impiegano i disabili non in funzione delle competenze ma solo perché lo impone la legge.
Vita: Cosa serve per trasformare le coop sociali di tipo B da ?parcheggi? a soggetti promotori di integrazione reale?
Barbieri: Nella cooperazione sociale di tipo B spesso non viene incentivata né la partecipazione né lo sviluppo professionale. Noi crediamo che la funzione della cooperazione sia quella di creare processi di empowerment. Se la cooperazione sociale di tipo B fa bene il suo lavoro, le professionalità impiegate al suo interno dopo qualche anno sono facilmente spendibili sul mercato del lavoro. Le coop che raggiungono questo obiettivo creano opportunità e la rendicontazione di queste opportunità dovrebbe essere un elemento centrale del bilancio sociale. Mai come in questo caso il bilancio sociale rappresenterebbe lo specchio del dna della cooperativa.
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