Il caso Milano

Valeria Verdolini: «Va recuperata la vocazione sociale dei milanesi»

Riproponiamo qui l'intervista pubblicata nel numero che VITA ha dedicato al capoluogo lombardo "Milano double-face". Con la sociologa e ricercatrice, presidente di Antigone Milano - associazione che lavora per i diritti dei detenuti - il tema chiave al centro del dialogo è stato "Solidarietà"

di Anna Spena

Valeria Verdolini è una sociologa e ricercatrice. È nata in provincia di Rovigo e ha vissuto a Bologna. A Milano è arrivata quando aveva 26 anni, oggi ne ha 42 ed è docente a contratto all’università degli studi di Milano dove insegna “Inequalities and social mobility”. È presidente di Antigone Lombardia, un’associazione che lavora per i diritti e le garanzie nel sistema penale. «Sono 16 anni che vivo in città», racconta. «Ho abitato diversi quartieri. Sono arrivata qui per lavoro e poi sono rimasta».

Come vede Milano attraverso i suoi occhi di cittadina e sociologa?

Da un lato è un luogo con una vivacità sociale incredibile, una città europea e aperta: in tantissimi ci arrivano e l’attraversano. Dall’altro, invece, mi sembra la città più inaccessibile d’Italia che nega la possibilità di “poterci restare”. È un posto polarizzato, che vive di estremi. Di Milano mi piace la capacità che ha di accogliere le persone e quella “vocazione sociale” sempre presente. Ma allo stesso tempo trovo che quella vocazione sia un po’ ingessata, poco spontanea, troppo strutturata. Insomma manca di quella solidarietà one to one, quella che non può rientrare nel contenitore dell’organizzazione o sotto la voce “associazione”. È anche una città poco franca, che fa fatica a parlare apertamente dei suoi problemi.

Quale secondo lei è il più evidente?

Sicuramente l’insostenibilità del costo della vita e il problema abitativo. Non amo generalizzare ma è come se stessimo perdendo il “diritto alla città”. È diventata un luogo destinato solo a chi ha una grande capacità di consumo. E la conseguenza principale è proprio l’espulsione delle fasce più marginali (ovvero meno capaci di consumare) della popolazione. 

Vive in città dal 2009, in 16 anni l’avrà vista cambiare più volte…

Ha vissuto diverse fasi, alcuni cambiamenti li ho trovati positivi, altri negativi. Quando io sono arrivata non era un bel momento: eravamo nel pieno della crisi economica e all’esaurimento di quel “modello lombardo” che per molto tempo l’ha accompagnata. Si percepiva tanta fatica. I primi anni della giunta Pisapia, invece, li ho trovati molto reattivi, si sono mosse energie diverse e sono nate nuove modalità di progettazione sociale. Sono stati anche anni di grande innovazione culturale e dove la città si faceva carico della sofferenza delle persone quando l’intercettava. Insomma a Milano si stava bene. A questa è seguita la fase della stabilizzazione e poi è arrivata la pandemia di Covid19. Una trasformazione profonda che oggi, però, è stata rimossa dalla città.

In che senso rimossa?

Il periodo pandemico è stato una grossissima frattura per Milano che è stata, insieme a Bergamo e Brescia, un luogo che molto più di altri ha subito l’impatto del Covid. Ma mentre le ultime due quel lutto lo evocano e lo raccontano, Milano l’ha digerito rapidamente e oggi ci sono tutti segni di quella rabbia da lutto che non è stato elaborato. 

In che senso?

Faccio un esempio semplice: io mi sposto spesso in bicicletta. E in questo periodo mi capita di avere e di assistere a delle colluttazioni verbali nel percorso, sia con i pedoni sia con gli automobilisti. Quello che registro è una forte reattività. Insomma è come se qualcosa nel percorso individuale di ognuno si fosse incrinato e fossimo diventati gli uni insofferenti nei confronti degli altri. È come se fosse rimasto quell’isolamento sociale e quasi una forma di rancore prodotto dalla sofferenza di quando si è subito qualcosa di ingiusto. Trovo molto più marcata, rispetto a prima, questa dimensione egoistica nelle dinamiche sociali con le persone. A questo si aggiunge un aumento reale della sofferenza in città: sono più alti i tassi di povertà assoluta, sono più alti i tassi di espulsione sociale, è più alto il tasso di disoccupazione. Un cambiamento è necessario, ma c’è bisogno di risposte sistemiche a partire dall’aumento degli stipendi per adeguarli al costo della vita. 

Lei è presidente di Antigone Lombardia, com’è la città vista dalla carceri?

Incredibilmente sofferente. Ed è una sofferenza talmente forte che quello che succede fuori ha grandi ripercussioni su quello che avviene dentro. C’è stato negli ultimi anni un aumento incredibile della tossicodipendenza e circa il 50% delle persone che sono in carcere sono tossicodipendenti. C’è un aumento incredibile anche della fragilità psichica e mentre prima il carcere era abitato da 30-40enni ora ci sono anche i giovanissimi, persone tra i 20 e i 26 anni e iniziano ad aumentare sensibilmente anche gli over 60. 

Che significa?

Queste polarizzazioni, anche anagrafiche, ci raccontano di chi non ha più un posto in città. Una volta un direttore di carcere mi disse: «Questa è l’unica istituzione che non si può rifiutare di accogliere chi arriva». Quindi gli istituti penitenziari di Milano oggi raccontano quali sono le fasce della popolazione che subiscono di più l’espulsione sociale. I giovani da un lato, senza lavoro e senza prospettive, gli anziani dall’altro, che non producono più reddito. A Milano non c’è posto per la loro sofferenza. Sono tante le persone che entrano in carcere per reati legati alla proprietà: il classico furto del cellulare o del portafogli, quindi reati legati alla condizione economica. Ma il carcere non dà soluzioni, il carcere ti mostra solo quello che non funziona più in città. Ora che abbiamo una chiara immagine di quali sono le fasce della popolazione che hanno più bisogno Milano dovrebbe ripartire proprio dalla loro sofferenza.

Come ne usciamo?

Le fasce più fragili sono già state espulse tutte, adesso anche la fascia media sta subendo la stessa sorte. Siamo vicinissimi al punto di rottura, la questione vera è se riusciremo o meno a mettere a valore questa rottura.

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Nell’immagine in apertura Veleria Verdolini

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