Crisi in Siria
Il silenzio uccide: l’appello di un figlio di Suweida
Un druso, originario della città in cui si sono concentrati gli scontri coi beduini, scrive alla redazione di VITA per raccontare l'esperienza della sua famiglia e dei suoi amici: cinque cugini sono già morti e gli altri rischiano ogni giorno la vita. Mancano cibo, acqua, elettricità e assistenza sanitaria. Secondo i dati dell'Osservatorio siriano sui diritti umani, sono state uccise mille persone e più di 87mila sono fuggite
di Modar Kasoaa

Mi chiamo Modar, sono di Suweida, nel sud della Siria. Sono druso. E oggi, mentre scrivo queste parole, la mia terra sanguina, i miei cugini sono morti e il mondo resta in silenzio.
Nelle ultime settimane, Suweida è diventata l’epicentro di una tragedia disumana, un massacro taciuto, ignorato, nascosto sotto un blackout di media, elettricità, acqua, internet e verità. La mia famiglia, i miei amici, i miei vicini… stanno affrontando l’inferno.
Cinque miei cugini sono stati uccisi. Li ho seppelliti nel cuore, uno ad uno. E non c’è tempo per il lutto, perché il pericolo non passa. Le strade della città sono piene di corpi di donne, di uomini, di bambini. I loro volti, che erano sorrisi, oggi sono deformati dal terrore. Le madri non riescono più a proteggere i figli. I padri cadono tentando di difenderli. È una guerra di sterminio.
Siamo sotto attacco da gruppi estremisti islamici, sostenuti da un regime illegittimo e complice a Damasco. Non è un conflitto politico, non è una battaglia militare: è un attacco al nostro diritto di esistere. Gli aggressori decapitano, bruciano, violentano e distruggono tutto ciò che trovano. Nessuna regola, nessuna pietà.
L’ospedale centrale è fuori servizio. Le sue stanze non curano più, ora ospitano solo cadaveri. Queste sono le parole di un mio amico di Suweida: «Le salme sono ammucchiate fuori, gonfie, putrefatte, perché non c’è elettricità, nemmeno per far funzionare le celle frigorifere. L’odore della morte è ovunque. Gli animali randagi iniziano a girare tra i corpi. Siamo stati abbandonati anche nella morte».
Mancano acqua, medicine, cibo e carburante. Le famiglie cercano di sopravvivere in un assedio totale che dura da giorni. I bambini piangono per fame, i feriti muoiono dissanguati senza assistenza e nessuno racconta quello che accade.
Io sto cercando di documentare tutto con foto e video. Ogni immagine mi spezza, ma il mondo deve sapere.
Eppure, i media internazionali tacciono. Alcuni addirittura disinformano, scambiando le vittime con gli aggressori. Non siamo terroristi. Non abbiamo attaccato nessuno. Ci stiamo solo difendendo.
Chiedo, con il cuore spezzato e la voce che trema: dove siete, quando l’umanità muore sotto i vostri occhi? Dov’è la stampa libera? Dov’è l’Onu? Dov’è la Croce Rossa? Dove siete voi, che leggete?
Abbiamo bisogno di corridoi umanitari, subito.
Abbiamo bisogno che si faccia luce su quanto accade.
Abbiamo bisogno che il mondo guardi, che il mondo parli, che il mondo non ci lasci soli.
Questa non è solo la mia storia. È la storia di un intero popolo dimenticato.
È il grido di Suweida, una terra fiera, oggi inginocchiata sotto il peso dell’ingiustizia.
Se leggerai queste parole, non voltarti dall’altra parte.
Condividile. Raccontale. Gridale al posto nostro.
Perché a Suweida, anche il silenzio uccide.
Foto inviata dall’autore
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