5 per mille, ma per davvero
Giorgio Vittadini: «Il 5 per mille? Garanzia di un welfare di qualità»
«Il 5 per mille non solo sostiene il Terzo settore e con esso l’universalità dei diritti sociali, ma assicura anche la qualità della spesa pubblica come nessun altro strumento fiscale è in grado di fare. Il tetto di spese? È un non senso economico». Intervista al presidente della Fondazione per la Sussidiarietà a sostegno della campagna "5 per mille, ma per davvero" promossa da VITA e 65 fra le maggiori organizzazioni del Terzo settore

Giorgio Vittadini, fondatore nel 2002 e presidente della Fondazione per la Sussidiarietà, insegna statistica all’Università degli studi di Milano Bicocca. È fra gli organizzatori del Meeting di Rimini e attento osservatore del Terzo settore e della politica.
Professore, il 5 per mille non è mai stato così popolare fra i cittadini contribuenti: cosa ci dice questo dato?
Non sorprende. Come è emerso nel nostro rapporto sulla sussidiarietà e welfare territoriale, l’80% degli italiani considera il Terzo settore “fondamentale” per il welfare, ovvero per gli anziani, le persone con disabilità, i minori, l’ambiente, la cultura… In altre parole le persone ritengono il Terzo settore un elemento fondamentale per la democrazia, che non sarebbe più tale se si perdesse l’universalità del diritto all’istruzione, all’assistenza, alla sanità. Ambiti in cui il Terzo settore spesso fa la differenza. Il 5 per mille, che è una fonte importante di sostegno a questo mondo, poi è uno strumento “perfetto”.
In che senso?
La sua nascita è stata il maggior successo dell’Intergruppo parlamentare per la Sussidiarietà, alla cui nascita abbiamo contribuito anche noi. Il 5 per mille modifica il tradizionale meccanismo in base al quale il contribuente dà i soldi allo Stato e lo Stato ridistribuisce le risorse, perché apre alla partecipazione del cittadino nelle scelte di politica economica e di welfare. È un fattore che amplia la libertà di scelta e migliora la qualità del welfare: i cittadini premiamo organizzazioni di cui si fidano in termini di qualità dei servizi offerti.
Il 5 per mille come strumento di valutazione d’impatto?
Il 5 per mille assicura tre obiettivi: partecipazione civile dei cittadini, sostegno al Terzo settore e allocazione razionale delle risorse.
L’obiezione di chi sostiene che il 5 per mille debba avere un limite di spesa è che senza il tetto si sottraggono fondi al fisco destinati ad altri capitoli di spesa. Come replicare?
Che senza quelle risorse lo Stato spenderebbe molto di più per assicurare servizi di qualità. Il 5 per mille è una spending review della spesa sociale, perché garantisce efficienza e qualità. La mia proposta è questa: facciamo una ricerca che dia lo spessore del risparmio di spesa sul welfare che assicura il 5 per mille. Un dato di questo genere porrebbe fine a ogni discussione. Bisogna uscire dalla logica che il 5 per mille sostiene “i buoni”. Il 5 per mille è uno strumento per garantire l’universalismo del welfare. Non siamo più nello schema in cui Stato e Terzo settore si guardavano con diffidenza e lo slogan era “più società, meno Stato”. Oggi Stato e Terzo settore collaborano per costruire un welfare efficace in un’era di risorse scarse. Lo Stato da solo non ce la farebbe.
Cosa risponde allora a chi dice che per assicurare risorse al non profit ci sono altri strumenti oltre al 5 per mille alludendo a meccanismi “di compensazione” che aiutino a sopportare la presenza del tetto?
Come ho detto c’è il nodo dell’efficienza della spesa che il 5 per mille preserva molto più di altri strumenti. Poi c’è la questione della partecipazione e della responsabilizzazione dei cittadini, tema oggi più che mai centrale. Un contribuente che destina il 5 per mille è un contribuente che sceglie un’organizzazione piuttosto che un’altra e così facendo valuta la qualità dei servizi. Cosa che nella pubblica amministrazione non si fa mai. In altre parole il 5 per mille è un veicolo attraverso il quale il cittadino torna ad occuparsi della cosa pubblica: chi affida una quota della sua Irpef a un ente spesso prende parte alla vita di quell’ente o comunque si informa delle attività: non c’è nessun altro strumento fiscale che possa assicurare tale risultato. Limitare il 5 per mille significa ridurre questi spazi di libertà e partecipazione, ma anche ridurre la qualità della spesa in welfare. Ci perderemmo tutti.
Questo contenuto è tratto dal numero di VITA magazine “5 per mille, ma per davvero” è stato eccezionalmente reso disponibile a tutti e tutte, se apprezzate il nostro impegno, se volete supportarci e sostenere la campagna, abbonatevi a VITA.
Foto: Meeting Rimini
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