Medio Oriente
Gaza, la farsa della “pausa tattica” e gli aiuti che entrano a briciole
«Gli ospedali da campo sono pieni di persone ferite dai pacchi lanciati dal cielo o nelle resse che si creano quando i pallet toccano terra. Ricevere così, i pochissimi aiuti arrivati, è estremamente umiliante per le persone», dice Raffaella Baiocchi, coordinatrice di Emergency a Gaza. «Siamo in una situazione da campo di concentramento, la stragrande maggioranza della popolazione della Striscia vive nel 12% del territorio. La malnutrizione colpisce tutti: ho visto un uomo di 78 anni, alto un metro e 80, che pesava 43 kg»
di Anna Spena

L’hanno chiamata “pausa tattica” o ancora “pausa umanitaria”. Ma né di pausa né di umanitario c’è l’ombra. Dopo un blocco totale all’ingresso degli aiuti nella Striscia imposto da Israele, dopo le oltre 130 persone letteralmente morte di fame (tra cui 87 bambini) e le forti pressioni internazionali, Netanyahu ha concesso il passaggio di pochi camion e il lancio di pacchi dal cielo contenenti farina e zucchero. Questa strategia, tuttavia, ha già causato vittime e feriti. Almeno 34 persone sono morte mentre erano in fila per il cibo, altre 11 sono rimaste ferite dopo che un pallet di aiuti lanciato da un aereo è precipitato sulle tende di un campo nella zona settentrionale della Striscia.
Le attività militari sono state sospese dalle 10 alle 20 locali ad Al-Mawasi, Deir al-Balah e Gaza City. La media attuale di circa 70 camion al giorno rappresenta il tasso d’ingresso più basso dall’inizio del conflitto, e comunque ben al di sotto del fabbisogno giornaliero della Striscia, che già prima del 7 ottobre 2023 era di 500-600 camion al giorno.
«Nella giornata del 27 luglio», racconta Raffaella Baiocchi, ginecologa e coordinatrice di Emergency a Gaza, «è stato annunciato un aumento dell’ingresso degli aiuti a Gaza attraverso i corridoi umanitari da terra in pause cosiddette tattiche delle operazioni militari, e sono iniziate anche delle operazioni di lancio dal cielo da parte di aerei di pacchi di aiuti. Queste due operazioni sono entrambe inefficaci: in questi due giorni ancora non si è visto entrare granché. Speriamo che i numeri aumentino. In modo particolare i lanci dal cielo sono estremamente pericolosi perché non sono programmati, almeno per quello che ne sappiamo, in zone concordate e disabitate, ma vengono lanciati sulle tende e sul mare. Gli ospedali da campo sono pieni di persone ferite dai pacchi lanciati dal cielo o nelle resse che si creano quando i pallet toccano terra. Ricevere così, i pochissimi aiuti arrivati, è estremamente umiliante per le persone».

«Noi come medici vediamo», continua Baiocchi, «non solo le malattie normali – le uniche che dovremmo vedere in tutto il mondo – ma anche quelle legate alla violenza della guerra e soprattutto alle condizioni di vita di queste persone, come malnutrizione, malattie della pelle e gastroenteriti, tutte condizioni legate alle pessime condizioni igieniche. Siamo in una situazione da campo di concentramento perché la stragrande maggioranza della popolazione della Striscia vive nel 12% del territorio, schiacciata in campi improvvisati di tende e baracche che non permettono di distribuire le persone su più piani. È come se mettessimo l’intera popolazione di Milano e Torino in un campeggio grande quanto un solo quartiere di Milano. La malnutrizione è all’ordine del giorno. Purtroppo, i programmi attualmente disponibili sono solo per i bambini dai 6 mesi ai 5 anni che hanno delle grandissime fragilità; se non vengono ben nutriti, il loro sviluppo successivo può essere compromesso. Ma a essere malnutrite sono persone di tutte le età e di tutti i sessi: donne in gravidanza, ma anche persone anziane. Oggi ho visto un uomo di 78 anni, alto un metro e 80, che pesava 43 kg».
Nella sola clinica di Al-Qarara, a Khan Younis, da gennaio, fino al 28 luglio, Emergency ha accolto e visitato 23.172. Ma per gli operatori umanitari lavorare è diventato complicatissimo. Pochi giorni fa, infatti, a Gaza è stata attaccata una guest house delle Nazioni Unite (come abbiamo raccontato in questo pezzo: Gaza, l’inferno a Deir al Balah. Le bombe non risparmiano nessuno: né i bambini né gli operatori umanitari italiani).
«L’esercito israeliano», spiega Baiocchi, «ha distrutto anche la struttura dove tenevano i presidi sanitari, gli stessi che usavamo noi per lavorare. Ora è tutto bruciato. Adesso speriamo che con questa apertura temporanea entrino delle cose, ma tutto ciò che è temporaneo è solo un allungamento della sofferenza di questa popolazione. Ci deve essere un cessate il fuoco definitivo e il ritorno – che sarà estremamente, estremamente lento, semmai ci sarà – a una vita normale».
Foti di apertura: AP/Abdel Kareem Hana/Associated Press/LaPresse
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