Cultura
Corriere della Sera: pistole Beretta in mano a ribelli in Iraq
Scoop del quotidiano oggi in edicola. Di seguito il testo dell'articolo di Nunzia Vallini
di Redazione
L’informativa trasmessa dall? intelligence americana è lapidaria: gli «ostili» in Iraq sono armati Beretta. Gli uomini della guerriglia dispongono di molte pistole italiane, tutte degli ultimi modelli e – particolare ancora più inquietante – con matricola illeggibile o inesistente. Armi «fantasma» che sembrano prodotte in tempi recenti e difficilmente sembrano conciliabili con le forniture «lecite» risalenti ai primi anni ?80. Dai servizi statunitensi attraverso i nostri 007, il dossier è arrivato alla Procura di Brescia. Che ha deciso di scoprire da dove provengono quelle pistole. Un?inchiesta aperta nell?autunno 2004 e proseguita finora nel massimo silenzio.
Ieri però gli uomini della polizia giudiziaria si sono presentati alla Farnesina con l’ordine di «acquisizione di copia atti» firmato dal capo dei pm Giancarlo Tarquini: «Attività doverosa nell’ambito di un’indagine riservata» si limita a dire il procuratore bresciano. A Gardone Valtrompia, sede storica dell’azienda che produce armi dal 1526, sostengono di essere all?oscuro dell?indagine: «Non ne sappiamo assolutamente nulla». I documenti riguardano le esportazioni legali effettuate dalla Beretta negli ultimi anni. Il tutto forse per cercare di capire attraverso quali canali le pistole siano finite in mano alla «resistenza irachena». Le notizie raccolte dai militari statunitensi sono molto dettagliate: hanno schedato tutte le armi recuperate ai miliziani di Al Qaeda e ai guerriglieri filo-Saddam dall?inizio delle operazioni in Iraq. Con alcuni arsenali impressionanti: a Bagdad, in uno dei palazzi del raìs, vennero scoperte quattromila calibro nove italiane ancora imballate. L?azienda di Gardone Val Trompia alla fine degli anni ?70 fece un accordo con le autorità di Bagdad: venne ceduta la licenza per produrre le vecchie pistole serie 70 e 51. Le pistole ritrovate dagli americani invece sono le modernissime 92, in dotazione anche alle forze armate Usa. Proprio dopo la vincita del contratto Usa, la fabbrica bresciana è stata sottoposta a controlli ferrei da parte dell?intelligence americana. Ma quelle armi vengono prodotte anche altrove, negli Usa e in Brasile, mentre da tempo si vocifera addirittura di un clone cinese. E proprio gli Usa sono diventati la terra promessa per il «mercato parallelo» delle armi leggere: le regole che permettono la libera vendita di pistole offrono la possibilità ai grossisti di acquistare grandi quantità. L?unica differenza è il prezzo: se i marines le pagano 263 dollari l?una, a Falluja venivano chiesti 850 dollari per una «92».
La particolarità poi sono quelle matricole cancellate. Più che abrase, sembrano uscite dalla catena di montaggio senza numeri di serie o con le indicazioni fatte sparire attraverso metodi industriali. Una prassi che fa pensare più a pistole destinate a operazioni di servizi segreti o nuclei terroristici dotati di un forte appoggio governativo. Agli investigatori bresciani è tornata in mente una vecchia inchiesta, seguita dall?Antimafia, su uno stock di pistole Beretta con la matricola cancellata o inesistente. Un mistero che si era intrecciato con l?istruttoria del giudice Carlo Palermo ma che non era arrivato a nessuna soluzione. Ora gli americani si trovano alle prese con un problema simile, ma in dimensioni molto più grandi: tra quelle scoperte al momento della caduta di Saddam e quelle recuperate durante i rastrellamenti antiguerriglia, le «Beretta fantasma» sarebbero molte migliaia. Sicuramente più di 10 mila, sulla cui origine ora la procura di Brescia deve cercare di fare luce.
Da www.corriere.it
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