Giubileo dei giovani

Leone, il papa che non fa promesse ai giovani ma che li sa vedere

Quello a Tor Vergata è stato un incontro generazionale prima che confessionale. Il Papa è riuscito a a mobilitare folle giovanili non con slogan ma con una proposta di vita, con parole che non suonano come formule astratte o di circostanza, ma come pensieri pieni di verità. In un’epoca di smarrimenti, sapere che c’è qualcuno che ti prende sul serio, fa la differenza

di Vanna Iori

Foto Vatican Media/LaPresse 03/08/2025 Roma,Italia Cronaca Nella foto : Papa Leone XIV Messa al Giubileo dei giovani

A Roma un milione di giovani si è rimesso in cammino. Alcuni lo hanno fatto con uno zaino leggero e la voglia di mettersi in ascolto, altri con domande nel cuore e un bisogno urgente di essere riconosciuti e ascoltati. I “papa boys” quindi non soltanto un ricordo degli anni di Giovanni Paolo II. Il Giubileo dei giovani a Roma ha reso visibile qualcosa che la società fatica a comprendere: la sete di senso, di futuro e di comunità che non si spegne nelle nuove generazioni, ma cerca voce, ascolto, autenticità. In un tempo in cui il mondo politico e sociale sembrano parlare un linguaggio distante e autoreferenziale, il papa riesce a mobilitare folle giovanili non con slogan ma con una proposta di vita, con parole di speranza, di coraggio e di solidarietà, che si tratti dei giovani di Gaza o dell’Ucraina. La sua forza non sta nella strategia comunicativa, ma in quella coerenza tra parola e gesto che lo rende così credibile, anche per chi non condivide tutto o non si riconosce soltanto in un’appartenenza religiosa, o non sa veramente cosa sia la fede. Ma sono ragazzi e ragazze che hanno scelto ancora di rispondere a un invito, di esserci quando un’autorità morale chiama, quando sentono che qualcuno non si limita a parlar loro di speranza, ma gliela offre. E nel farlo, ha toccato corde profonde. Sempre mettendosi sullo stesso piano dei ragazzi, con un’umanità che sorprende e che coinvolge.

Papa Leone ha parlato ai giovani con parole che non suonano come formule astratte o di circostanza, ma come pensieri pieni di verità e richieste condivise

Il papa parla di giustizia sociale, educazione, lavoro, pace: lo fa con parole che non suonano come formule astratte o di circostanza, ma come pensieri pieni di verità e richieste condivise. Denuncia l’abbandono educativo come tragedia; rivolge appelli al mondo del lavoro affinché i giovani non siano usati e scartati; chiede di non chiudere gli occhi di fronte alle guerre che uccidono non solo i popoli, ma anche i sogni. Ha chiesto di non isolarsi, di non chiudersi nel cinismo, di non lasciarsi rubare il progetti di vita. Perché questo è ciò che tanti ragazzi e ragazze chiedono oggi: non l’ennesima promessa ma uno sguardo che li veda e parole che li includano. 

Quello che stupisce, e fa riflettere, è che la mobilitazione intorno al papa non è mai solo religiosa. È sociale, emotiva, culturale. Si muovono gruppi, scuole, famiglie. Si vedono ragazzi camminare insieme, cantare, pregare, ma anche parlare seriamente della propria interiorità, dei propri dubbi, del mondo. Lontani anche dal web, tra tende e sacchi a pelo. È un incontro  generazionale, prima ancora che confessionale. In tutto questo, gli apparati restano sullo sfondo, quasi silenziosi: forse perché da troppo tempo hanno perso la capacità di dialogare con i giovani senza semplificarli, o etichettarli, squalificandoli. O forse perché, in questa fase storica, l’unico linguaggio che davvero unisce è quello dell’autenticità. 

Tanti ragazzi e ragazze guardano al nuovo pontefice con attenzione e affetto: non perché rappresenti una dottrina, ma perché incarna un messaggio. In un’epoca di smarrimenti, sapere che c’è qualcuno che ti prende sul serio, fa la differenza.

In questo raduno romano, tra i sorrisi e le lacrime, i canti e le veglie, si è respirata un’aria nuova. Quella di una generazione che non si è ancora arresa all’indifferenza e che, se incontra qualcuno disposto ad ascoltarla davvero, sa ancora muoversi, scegliere, mettersi in viaggio. Papa Leone XIV ha parlato ai giovani come farebbe un padre che non impone ma accompagna. È anche per questo che tanti ragazzi e ragazze guardano al nuovo pontefice con attenzione e affetto. Non perché rappresenti una dottrina, ma perché incarna un messaggio. In un’epoca di smarrimenti e grandi fragilità, sapere che c’è qualcuno che ti prende sul serio e ti invita a diventare ciò che sei, fa la differenza. Questa è la forza che la politica ha smarrito. E questa è la scommessa che la Chiesa, con questo papa, ha deciso di rilanciare: parlare ai giovani non solo come cittadini del domani, ma come protagonisti dell’oggi. Ed è a loro che oggi la società deve guardare con più attenzione. Perché in quei volti radunati a Roma non c’è soltanto fede religiosa; c’è molto di più. C’è futuro. C’è la vita che scorre e si dispiega.

Foto Vatican Media/LaPresse: Papa Leone XIV Messa al Giubileo dei giovani

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