Tutori volontari

Minori stranieri non accompagnati: la politica esca dall’ambiguità

Il dibattito che VITA sta portando avanti sulla presa in carico e l'accoglienza dei minori stranieri non accompagnati prosegue con l'intervento di Lino D'Andrea, leader politico del Movimento educativo Palermo, già Garante per l'infanzia e l'adolescenza del Comune di Palermo e presidente nazionale Arci ragazzi. «La Convenzione Onu riconosce gli stessi diritti a tutti i minori, ma la politica i Msna da un lato li tutela e dall'altro alimenta una narrazione centrata sui rischi che essi rappresenterebbero per la sicurezza. Occorre uscire dall'ambiguità e investire su un sistema di accoglienza centrato sui progetti che permettano loro di costruirsi il futuro»

di Lino D'Andrea

Una cosa è certa: piuttosto che limitarsi a denunciare i comportamenti aggressivi, violenti o illegali dei ragazzi e delle ragazze, la politica e la stampa dovrebbero cercare di capire quali sono le cause dei loro comportamenti. Ma ancora di più, dopo anni di sperimentazione, dovrebbero imparare a ragionare anche sugli aspetti positivi e negativi del “modello di accoglienza” e del “processo di sviluppo” dei minori stranieri non accompagnati – Msna.

Conosciamo davvero questi ragazzi? Sono minorenni che affrontano viaggi difficilissimi e pieni di rischi pur avere la possibilità di garantirsi un futuro e spesso per garantirlo anche alle loro famiglie. Per questi ragazzi spesso la migrazione è un evento critico: il rischio per loro è di “crescere sulla frontiera” ma al contempo migrare è l’inizio di un nuovo capitolo nella storia familiare e personale e nella costruzione di una nuova “appartenenza”. Non hanno vissuto l’adolescenza, hanno giocato poco o niente, spesso in questi lunghi viaggi sono stati violentati e abusati: di fatto, hanno perso la fiducia negli adulti.

Piuttosto che limitarsi a denunciare i comportamenti aggressivi, violenti o illegali dei Msna, politica e stampa dovrebbero cercare di capire le cause dei loro comportamenti

Come sappiamo, l’Italia ha recepito nel 1991 la Convenzione Onu sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza, che all’articolo 2 prevede che ad ogni ragazzo presente sul territorio nazionale – a prescindere da razza, colore, sesso, lingua, religione, opinione politica dei suoi genitori o rappresentanti legali, origine nazionale, etnica o sociale, situazione finanziaria, dalla loro incapacità, dalla loro nascita o da ogni altra circostanza – siano garantiti gli stessi diritti dei ragazzi e delle ragazze con cittadinanza italiana.

Lino D’Andrea

La politica oggi deve uscire dall’ambivalenza: perché da una parte i minori stranieri non accompagnati li protegge e li tutela, ma dall’altra continua ad alzare il livello di guardia su “sicurezza e ordine pubblico” e il tono sui pericoli dei “flussi migratori”. La politica dovrebbe cambiare anche l’approccio al fenomeno sociale e accettare che accogliere e prendere in carico i Msna non non è un’opera caritatevole, ma un dovere per legge e per etica umana. Di fatto molti di questi ragazzi accolti si sono poi inseriti nel nostro Paese, hanno studiato, costruito la loro famiglia, lavorano, sono e si sentono a tutti gli effetti cittadini attivi, contribuiscono alla crescita del sistema sociale ed economico italiano.

Manca un monitoraggio “di sistema” di tutte le fasi del processo di accoglienza, integrazione e crescita dei Msna, che ci aiuterebbe anche a strutturare compiutamente il loro progetto pedagogico contestualizzandolo in quello nazionale

Il sistema di accoglienza dei Msna

È in particolare sul sistema di accoglienza che la politica dovrebbe fare un ragionamento compiuto, perché a non funzionare è innanzitutto il coordinamento tra istituzioni e, spesso, tra istituzioni e territorio: pensiamo ai tanti collegamenti di rete che mancano o sono interrotti con il mondo del lavoro, luogo di destinazione del processo emancipativo che indirizza e realizza le progettualità  dei ragazzi.

Un’altra grossa criticità è la collocazione dei Msna nei centri di prima o di seconda accoglienza sparsi in tutto il territorio nazionale: benché i Comuni o le Prefetture si dimostrino disponibili, occorre fare una valutazione del contesto di accoglienza e della garanzia che questo rispetti i diritti fondamentali dei ragazzi e dia loro opportunità di integrazione e di immissione nei circuiti lavorativi.
Sono tante, infatti, le aree del nostro Paese che avrebbero l’esigenza di manodopera ma che registrano la minor presenza di Msna, mentre in altri territori, dove il lavoro scarseggia, si concentrano paradossalmente le strutture di accoglienza.

Manca, insomma, un monitoraggio “di sistema” di tutte le fasi del processo di accoglienza, integrazione e crescita dei Msna che ci aiuterebbe anche a strutturare compiutamente il loro progetto pedagogico, contestualizzandolo in quello, più complessivo, nazionale. Sarebbe interessante anche sapere quanti di questi ragazzi ce l’hanno fatta e come.

Un’accoglienza a “due velocità”

Ad oggi, circa 16.500 Msna entrano in strutture governative del primo livello di accoglienza, in cui si definisce soltanto il loro “progetto quadro” in attesa di essere trasferiti nel Sistema accoglienza integrazione-Sai che rappresenta il secondo livello. Ma solo una piccola percentuale di Msna, rispetto al numero di arrivi, entra nei Sai, ovvero in quel circuito virtuoso che garantisce ai minorenni l’acquisizione di strumenti per l’autonomia e l’inclusione. Gli altri restano per lo più nei Centri di accoglienza straordinaria-Cas, gestiti da enti privati, che erogano soltanto alloggio, vitto e assistenza. Insomma: ad alcuni garantiamo la possibilità di progettare un futuro, accompagnandoli, agli altri garantiamo solo la sopravvivenza.
Sicuramente  tutti  quei ragazzi che non vengono trasferiti nei Sai vivono una situazione di precarietà e di incertezza, anche se incontrano territori ed  educatori sensibili e accoglienti: il punto è proprio che il sistema è limitato nel processo di tutela e di accompagnamento.

L’importanza dei tutori volontari

Per rispondere a molte di queste criticità ha avuto un’importanza rilevante la figura del tutore istituita dalla legge 47/2017. Questa figura è stata pensata non solo perché i ragazzi sono soggetti vulnerabili, ma per accompagnare e accelerare la loro integrazione nei contesti che li accolgono. Di fatto, il tutore rende i Msna meno “istituzionalizzati” perché ne segue l’emancipazione anche quando escono dai canali dell’assistenza.
Purtroppo, però, ancora oggi non tutti ragazzi e le ragazze hanno l’opportunità di avere questo tutore, perché manca una risposta da parte della società civile alla “chiamata” che i Garanti regionali fanno periodicamente per la loro formazione e la successiva iscrizione agli elenchi presso i Tribunali. Spesso, inoltre, anche gli uffici dei Garanti regionali sono in sofferenza per la scarsità di risorse economiche e umane utili a costruire processi stabili di formazione dei tutori volontari.

Palermo, Centro diaconale “La Noce”- Istituto valdese: uno degli incontri di formazione dei tutori volontari

Sicuramente negli anni il sistema è fortemente migliorato, ma c’è ancora tanta strada da fare: serve sollecitare i coordinamenti tra istituzioni, il coinvolgimento strutturato con il mondo del lavoro e con la formazione professionale, attivare il monitoraggio di tutte le fasi dell’accoglienza, attivare campagne di comunicazione che sensibilizzino la cittadinanza sul tema della cura delle relazioni. Abbiamo bisogno di animare i territori anche con l’aiuto dei ragazzi e ragazze stranieri stessi, così da accelerare i processi di integrazione e per aiutare i ragazzi nella pratica del saper fare e del saper essere. Occorre incentivare l’esperienza di “gruppi appartamenti”, in particolare per i ragazzi e le ragazze diciassettenni, aumentare il numero dei posti disponibili nel Sai, accompagnare quei ragazzi – pochi ma ci sono – che scelgono di continuare gli studi fino all’Università. 

Le foto nell’articolo sono dell’ufficio stampa del Movimento educativo Palermo; la foto in copertina del Sai Palermo, sessione di formazione dei Msna sui loro diritti

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