Mondo
Bhutan: reportage da un “Paese dell’altro mondo”
E' la prima "smoke free nation", ha sostituito il Pil con l'indice di felicità, obbligo di abiti tradizionali per arginare il made in China e, dal '99, ha aperto alla Tv (di Pablo Trincia)
di Redazione
Sospeso a pochi passi dalle nuvole che avvolgono i picchi himalayani, un regno ormai unico al mondo tenta in ogni modo di preservare la propria cultura dalle influenze esterne e dalla globalizzazione imperante.
I suoi abitanti lo chiamano Druk Yul, ?Terra del dragone?. Il resto del mondo lo conosce semplicemente con il nome di Bhutan. Un nome che compare raramente sulle cronache internazionali, sia perché geopoliticamente poco rilevante, sia per la decisione dei suoi regnanti di tenerlo chiuso al resto dell?umanità fino a pochi anni fa.
Solo negli anni Settanta fu permesso infatti ai primi avventurieri occidentali di visitarne le valli incantate e i monasteri buddisti, dove monaci lama recitano antiche litanie in lingua Dhzongpa perfettamente conservatesi tra le montagne e i ghiacciai più alti del mondo.
Quello che accomuna turisti e giornalisti in ritorno dal Bhutan è la sensazione di essere stati in un luogo dove i marchingegni che muovono la macchina del tempo abbiano smesso di funzionare chissà quanti secoli fa.
Il sovrano, Jigme Singye Wangchuk, pur non riempiendo i titoli delle cronache internazionali, è stato protagonista di una serie di decisioni che hanno incuriosito sempre più un mondo occidentale ormai avvezzo a ogni stranezza. Per esempio, non molti anni fa ha deciso che il principale indice di sviluppo del Bhutan non fosse il prodotto nazionale lordo, bensì la felicità nazionale lorda: ossia la via bhutanese allo sviluppo. Le modalità di misurazione di questo indice, chiaramente influenzato dalla cultura buddhista Mahayana di cui il paese è rimasto impregnato fin dalle sue origini, restano ancora oggi misteriose.
Oltre a questo, Wangchuk ha fatto emettere un decreto legge secondo il quale gli abitanti devono indossare gli abiti tradizionali, per evitare che nei mercati della capitale Thimpu e dei villaggi tutt?intorno cominciassero a circolare jeans e magliette in stile occidentale, o abiti made in China.
E nel dicembre scorso, per volere del parlamento, il Bhutan è diventato il primo paese al mondo a vietare l?importazione e la vendita di tabacco sul proprio territorio. Chiunque passi la frontiera portando con sé pacchi di sigarette per uso personale dovrà pagare una tassa molto salata. In una recente intervista rilasciata a Vita, il ministro della Salute, Lynpo Jigme Singye, ha spiegato che questo non impedisce a nessuno di fumare liberamente per strada o in casa propria, anche se ? a suo dire – il Bhutan non è terra di accaniti tabagisti. Tranne il re in persona, il quale, secondo alcune indiscrezioni confermate dallo stesso ministro, avrebbe ancora difficoltà a smettere di fumare.
L?accesso agli stranieri nella smoke free nation è ancora oggi consentito con il contagocce. I visti turistici sono limitati e molto cari, proprio per evitare che attorno a bar, ostelli e monasteri si affollino gruppi di viandanti lentigginosi, la cui sfrenata ricerca di esotismo ed esoterismo turbi l?equilibrio di una cultura entrata nel terzo millennio quasi indenne.
Quasi, si diceva. Perché, forse inaspettatamente, la principale minaccia per l?integrità e la salvaguardia di questa cultura tanto cara al governo bhutanese potrebbe arrivare proprio dal cielo.
Proibiti fino al 1999, i programmi televisivi sono ancora oggi una novità per molti abitanti della piccola terra sul tetto del mondo e sembra abbiano avuto un notevole impatto sulle tradizioni locali. Nel giugno dello scorso anno, un?inchiesta della Bbc rivelò che cinque soli anni di televisione avevano sortito sui giovani bhutanesi un effetto preoccupante per le autorità di Thimpu: a scuola i bambini sarebbero più interessati a imitare i campioni unti e muscolosi del Wrestling americano che arriva via satellite, piuttosto che a trarre giovamento dagli insegnamenti di Buddha. E le canzoni rap potrebbero presto avere la meglio sui canti spirituali dei vecchi monaci. Lo ha confermato a Vita Kaka Psheering, redattore presso la giovane emittente bhutanese Bbs: ?La televisione e il satellite stanno avendo un impatto notevole sulla nostra gioventù. Siamo stati l?ultimo paese al mondo ad avere la tv, e da allora la mentalità di chi ne ha una in casa sembra cambiata in modo drastico. I nostri programmi interessano poco, la gente è più attratta dai programmi americani e dai film indiani di Bollywood. E? naturale, se ci si pensa. Siamo stati isolati dal resto del mondo per secoli. Questo forse ci aiuta a non sentirci così soli?.
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