Cultura

Qui solo il Comune è irregolare

Milano, viaggio nel campo nomadi ufficiale di via Novara. Acqua ed elettricità non mancano, e persino la spazzatura viene raccolta. Peccato solo che i container siano fuori legge

di Redazione

Benvenuti nel campo nomadi regolare di via Novara, periferia ovest di Milano. A fare gli onori di casa è Fiorenzo De Molli, uno dei sei operatori della Caritas ambrosiana che dal 2000 gestisce i 210 rom dell?insediamento. Un lavoro non semplice il suo. In via Novara, infatti, convivono due clan ben distinti: quello dei kosovari e quello dei macedoni. «Si guardano ancora in cagnesco, ma per fortuna non volano più i coltelli», chiarisce Fiorenzo. La spaccatura si riproduce anche nella geografia del campo. Di qua le baracche dei kosovari, di là quelle dei macedoni. In mezzo un viale polveroso, la terra di nessuno. Fiorenzo però ci può passare indisturbato.

Via Novara è uno degli campi ufficiali riconosciuti dal Comune: c?è l?acqua, c?è l?elettricità, anche se l?Enel ufficialmente ha interrotto le forniture per morosità («ogni tanto arrivano i tecnici e staccano i collegamenti, e loro li riattaccano subito dopo») e l?Amsa porta via la spazzatura due volte a settimana. Non è il Grand Hotel, ma è il massimo a cui può aspirare uno zingaro che arrivi in Italia. «Chi vive qui ha la possibilità di fissare la residenza e di accedere ai servizi sanitari», spiega De Molli. Una circostanza che, unita all?intervento degli educatori della Caritas, ha permesso di alzare il tasso di scolarizzazione elementare fin quasi alla soglia del 100%, «anche se poi alle medie non va quasi nessuno», ammette l?operatore.

Ma forse la vera prova del nove per comprendere cosa significhi vivere qui la fornisce un episodio che racconta Akrim, un omone sulla cinquantina, originario di un sobborgo di Pristina, accanito tifoso del Milan, indiscusso capo dell?ala kosovara del campo: «Ieri mi hanno fermato i poliziotti. Pensavano venissi da via Barzaghi. Poi gli ho fatto vedere che abitavo qui, mi hanno lasciato andare. Ci rispettano». Oggi però Akrim non è di buon umore. Ne ha per tutti, da Berlusconi «che ci ha fatto credere che saremmo diventati tutti più ricchi e invece oggi siamo costretti a vivere in queste baracche», fino ai rumeni, «quelli non sono nomadi, sono zingari. Se mia figlia ne sposasse uno, lo ammazzerei». Parole feroci che non turbano Fiorenzo.

È ora di passare dall?altra parte. Anche fra i macedoni non si vedono segni di miseria. Le condizioni sanitarie sono buone, «c?è qualcuno che soffre di cuore, ma niente di più», gli interni delle abitazioni appaiono puliti e ricoperti di tappeti, le donne fanno la spesa all?Esselunga, gli uomini fumano Marlboro rosse e non c?è un tetto sprovvisto di antenna parabolica. Colpisce l?assenza degli uomini, «saranno in giro a lavorare, ma meglio non fare domande indiscrete».
A Fiorenzo non interessano le attività dei rom fuori da qui. Ha altro cui pensare. «Il Comune ha avviato una serie di cause contro gli zingari perché di fianco a ogni container hanno costruito casette abusive in muratura. Il paradosso che fino ad ora ha sempre perso.». Il motivo? L?amministrazione è più fuori legge degli stessi zingari: «I container non dispongono dei requisiti d?abitabilità».

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