Non profit

I segreti della first lady del fundraising

Margaret Foti ha portato il budget della AACR da uno a 44 milioni di dollari

di Redazione

Oggi il direttore generale dell’American Association for Cancer Research è anche una consulente di Obama e del Congresso: «Ecco come ci sono riuscita» Il giorno in cui, nel 1982, Margaret Foti fu nominata direttore generale dell’Aacr – American Association for Cancer Research, la struttura contava 4mila soci, programmava un solo evento all’anno, aveva un budget di un milione di dollari e solo 25mila dollari in banca. Oggi, l’Aacr, vanta un bilancio di 44 milioni di dollari, ha più di 27mila soci, ha sviluppato sinergie con vari partner in 90 Paesi, organizza 25 eventi scientifici all’anno, pubblica 6 riviste (la settima è pronta per il lancio) ed è riconosciuta come l’organizzazione di ricerca sul cancro più prestigiosa del mondo. «Quando sono stata nominata direttore generale, la struttura non era organizzata e non c’era un piano articolato per affrontare le sfide del futuro», ha rivelato Margaret Foti a Vita ai margini di una conferenza a cui ha preso parte anche il premio Nobel per la Medicina 2009 Elizabeth H. Blackburn invitata dalla Fondazione Ircess dell’Istituto nazionale dei tumori. «Per fare il salto di qualità abbiamo incominciato a mettere i nostri obiettivi in sequenza, partendo dal presupposto che dovevamo investire sui giovani. In pochi anni siamo riusciti a stabilire e a valorizzare un rapporto professionale con 11mila nuovi giovani ricercatori. Abbiamo anche aumentato la produzione di eventi che abbiamo ripartito in due filoni: quello delle piccole conferenze fatte su misura per gli esperti e quello dei seminari di ampio respiro tematico che possono interessare un pubblico più generalista».

Comunicare, prima di tutto
Ma il segreto del successo non è riconducibile solo alla capacità organizzativa. Le strategie comunicative hanno avuto una forte valenza. Foti, che a 24 anni era già capo redattrice di una rivista scientifica, assicura che la comunicazione è strategica per la crescita di un’organizzazione. «La mia esperienza mi ha insegnato che bisogna comunicare che la ricerca sul cancro è un investimento. Un investimento per tutti, non solo per i pazienti. Tutto l’indotto ne beneficia. Ma in particolare, il pubblico non comprende cosa sia la ricerca. Non ne comprendono il valore, non sanno che dietro una scoperta che favorisce la lotta contro il cancro ci sono 40 anni di studi e di sperimentazioni carissime. Bisogna fare di più per comunicare i progressi della ricerca e le opportunità che la ricerca offre nel salvare vite umane. E se posso dare un consiglio ai comunicatori del settore, credo che sia importante far passare il messaggio che il cancro non è un evento nella vita delle persone. Il cancro è un processo. Se noi lo intercettiamo, lo possiamo fermare».
Nel Communication department dell’Aacr a Philadelphia lavorano 20 persone. «Il loro compito è essenzialmente quello di comunicare al pubblico il valore della ricerca. A Washington invece, abbiamo 10 professionisti più orientati al lavoro di lobby nei palazzi della politica».
In questo modo Foti si è conquistata un’altissima credibilità. Tanto che sia la Casa Bianca che il Congresso in merito alla riforma della sanità l’hanno annoverata fra i consulenti più stretti.

Rotta verso l’Asia
L’aumento delle attività, dell’organizzazione e un’attenzione particolare nei confronti della comunicazione hanno portato anche all’aumento dei finanziamenti. «Con il tempo sono cresciuti i nostri soci ed anche il numero di fondazioni che sostengono economicamente la nostra mission». Una mission che con il tempo è cambiata. Da fonte credibile d’informazione sulle cause, sulle diagnosi, sul trattamento e sulla prevenzione del cancro, l’Aacr è diventata anche un erogatore di fondi. «Siamo diventati anche una funding agency. Cerchiamo e finanziamo il lavoro di ricercatori: Non possiamo permetterci di perdere i migliori talenti». E la crisi? «Il 2008 è stato un anno terribile. La recessione ha drasticamente ridotto le entrate. Abbiamo reagito con razionalità e stringendo la cinghia. Ci siamo comportati in un modo fiscalmente responsabile. Non abbiamo assunto personale, ma non abbiamo neppure licenziato. Ora che l’economia sta ripartendo, stiamo tornando ad investire in risorse umane e in programmi internazionali». Ma oggi perché la Foti è in tour in Europa? «Non per chiedere soldi. Sono qui per stringere sinergie e partnership». Nel Vecchio continente, ma non solo: «Il 30% dei nostri soci vive fuori dagli Usa. Apriremo una sede satellite a Singapore. L’Asia del Sud-Est è una zona ideale per espanderci».

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