di Martino Pillitteri
Con Farah Pandith ci incontriamo ogni anno. La prima volta fu tre anni fa all’inizio dell’avventura di Yalla Italia. L’ultimo incontro è avvenuto il 15 marzo scorso: è venuta lei in redazione rispondendo direttamente a un nostro invito.
Farah Pandith è una musulmana che ha un incarico importante presso il Dipartimento di Stato degli Stati Uniti d’America. È Special Representative of Muslim Communities. Un ruolo creato ad hoc da Hillary Clinton per tradurre in pratica una nuova fase di cooperazione e sviluppo tra la Casa Bianca e le comunità islamiche in tutto il mondo. L’ambasciatrice di Obama ha voluto incontrarci (quanti pubblici amministratori nostrani l’avrebbero mai fatto?) per confrontarsi con una ventina di redattrici e redattori di Yalla Italia, che hanno la sola ambizione di affermare quel che sono, non in contrapposizione ma in armonia con la propria italianità. Una prerogativa la cui valenza è stata anche notata la scorsa primavera sia dal New York Times e dall’International Herald Tribune, media particolarmente attenti e sensibili nei confronti delle best practice.
Per un paio d’ore ha ascoltato e commentato i progetti del gruppo, le istanze, gli sfoghi per il clima pesante che si respira in Italia. Ha anche incassato, con molto savoir faire, le perplessità sulle politiche americane in Medio Oriente e i commenti al discorso di Obama al Cairo. C’erano ottimismo ed entusiasmo in redazione. Ma c’era anche un clima diverso dal punto di vista geopolitico.
In poco più di due mesi lo scenario in Medio Oriente si è totalmente ribaltato. Con l’attacco alla nave pacifista da parte di Israele, le aspettative di pace tra Gerusalemme e Palestina sono sull’orlo di una crisi talmente profonda che potrebbe innescare conseguenze drammatiche sia nel resto del Medio Oriente e trascinarsi anche in Europa.
La Pandith ha parlato di leadership, della responsabilità e delle sfide dei giovani di seconda generazione. Ha particolarmente insistito sul ruolo della comunicazione e dei media nella costruzione di rapporti tra le religioni.
Viste le premesse positive, le sfide della sua amministrazione e il rapporto privilegiato che si è instaurato, dove potrà condurre il cammino finora percorso da Yalla Italia? Perché dovremmo sviluppare insieme delle ipotesi di sviluppo e collaborazione? A queste domande rispondiamo in queste pagine.
I giovani e soprattutto le donne possono fare la differenza, ha scritto Randa Ghazy in una delle due lettere aperte per l’ambasciatrice di Obama. La Pandith ha detto che è nell’interesse dell’America valorizzare i giovani talenti musulmani. Ma lo è anche per l’Europa. È proprio qui il laboratorio del futuro, qui si rafforzano gli anticorpi delle derive radicali, questa è la palestra dei leader di domani chiamati a confrontarsi con le dinamiche e le sfide di una società sempre più multietnica. E, come ha scritto Karima, è arrivato il momento di confrontarsi con musulmani che hanno valori ed idee diverse.
Yalla Italia ha sempre fatto della comunicazione delle esperienze vissute la sua mission. La comunicazione è stata il trait d’union tra le diverse identità, idee, punti di vista.
Su una comunicazione più efficace, più professionale e più ad ampio raggio come un sito di riferimento sulle seconde generazioni tradotto anche in arabo e in inglese, si potrebbe ulteriormente ragionare e collaborare.
Per questo tra le sfide che attendono i musulmani nel mondo, Farah Pandith suggerisce di puntare sulla formazione e sull’aggiornamento, creando partnership con best practice americane, borse di studio, fellowship. Così Yalla Italia sarà in grado di disseminare una cultura di innovazione all’interno della galassia musulmana.
Questo numero è il primo frutto di una riflessione per capire quale possa essere il futuro di un’esperienza che è cresciuta tanto ma che vuole crescere ancora di più.
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