Non profit

Servizio civile, la Cnesc molla Giovanardi

La bozza del governo? «Al capolinea». Le Regioni? «Minacciose». «Perciò siamo scesi campo», spiega il presidente Primo Di Blasio

di Redazione

Un progetto di legge di 18 articoli, per raccontare al Paese qual è il modello di servizio civile che meglio si addice ai cosiddetti enti storici. Quelli della Cnesc, la Conferenza nazionale degli enti di servizio civile. Un coordinamento di 20 sigle che realizza circa un terzo dei progetti (nel 2008, l’ultimo dato disponibile, il 31,3%). Primo Di Blasio ne è il presidente. Tocca a lui spiegare i contenuti e la tempistica di un testo che sarà recapitato a tutti i parlamentari (e alcuni – come il democratico Enzo Bianco – hanno già dimostrato molta attenzione all’iniziativa).
Vita: Non arrivate un po’ tardi, dopo che non solo il governo, ma anche la Lega Nord e pure il Pd con Farinone hanno depositato le loro proposte di riforma sul servizio civile?
Primo Di Blasio: Sono almeno tre le ragioni che ci hanno spinto a questa iniziativa. La prima è il taglio drammatico delle risorse. Se il budget non dovesse cambiare, l’anno prossimo saranno avviati solo 10mila volontari. E allora non avrebbe più senso parlare del futuro servizio civile.
Vita: Quanto alle altre due ragioni?
Di Blasio: Da una parte non ci pare che la proposta Giovanardi – che pure aveva un impianto in gran parte condivisibile – abbia ancora possibilità di successo, e dall’altra registriamo il sempre più evidente tentativo di Regioni e Comuni di impossessarsi del servizio civile a scapito del privato sociale.
Vita: Su che basi lo afferma?
Di Blasio: Basta guardare i numeri di Anci in Lombardia. Sono loro a realizzare circa il 70% dei progetti in una regione fra le più vivaci nel panorama italiano del non profit.
Vita: Che fare?
Di Blasio: La nostra proposta chiarisce che gli enti sono al servizio dei giovani e non viceversa. Per questo abbiamo distinto fra le finalità e ambiti di intervento. Poi indichiamo un contingente minimo di 40mila volontari incardinati in una programmazione triennale che dovrebbe essere condivisa da Stato centrale, Regioni, enti locali e terzo settore. Puntiamo poi al ripristino di un unico albo nazionale gestito dall’Ufficio nazionale a cui dovrebbe spettare la valutazione dei progetti. Alle Regioni invece toccherebbe il monitoraggio ex post, il cui responso dovrebbe comunque pesare sulla valutazione dell’anno successivo.
Vita: Rimane da definire la copertura finanziaria…
Di Blasio: Servono 400 milioni. Non ci pare una cifra insopportabile per le casse pubbliche: per esempio si potrebbero utilizzare i fondi dell’8 per mille. Poi siamo aperti anche a contributi regionali e privati. Tenendo fermo il principio della valutazione nazionale.

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