Non profit

Federutility boccia il referendum

L’intervento del vicepresidente Mauro D’Ascenzi a un incontro Cgil contro il decreto Ronchi

di Redazione

Secondo il vicepresidente Federutility Mauro D’Ascenzi «Il referendum per la pubblicizzazione dell’acqua è un rimedio peggiore del male. Se vincessero i referendum, gli enti locali non avrebbero più la libertà di scegliere a chi far gestire il proprio servizio. In tutta Europa è possibile scegliere, in Italia si finisce per assolutizzare una posizione». Lo afferma Mauro D’Ascenzi, vice presidente di Federutility – la federazione che riunisce oltre 460 aziende di servizi pubblici locali e che associa il 95% degli acquedottisti italiani – intervenendo in un incontro organizzato dalla Cgil a Roma contro il decreto Ronchi e a favore dell’acqua pubblica.

«Il decreto Ronchi manca di parti rilevanti», prosegue D’Ascenzi. «Manca una politica industriale per il settore idrico e la previsione di strumenti di attuazione. Soprattutto manca il riferimento ad un’Autorità che accompagni il processo regolando le contese tra i diversi interessi legittimi, dall’ente locale ai cittadini ai gestori. È naturale che il decreto presti il fianco a critiche e a referendum, perché sembra concentrato unicamente sulla competizione. Ma, se il decreto Ronchi limita le possibilità di scelta, il referendum le assolutizza, accettando unicamente la gestione pubblica anche quando non dovesse funzionare». Secondo il vicepresidente «la parte più grave del referendum è quella che attacca la remunerazione del capitale, dicendo che non si devono far soldi sull’acqua. L’enunciazione è condivisibile. Nella realtà», evidenzia D’Ascenzi, « l’acqua è un servizio che ha bisogno di grandi investimenti, per il presente e per il futuro, dalla rete potabile, alla depurazione: oltre 60 miliardi di euro». Risorse, spiega, che andrebbero prese «o dalle tasse o dal debito pubblico», mentre «non c’è governo in nessuna parte del mondo che in questo momento non combatta contro l’aumento delle tasse o del debito pubblico».

D’Ascenzi ha infine concluso evidenziando gli aspetti tariffari: «Con tariffe corrette ed eque, stabilite da un’Autorità indipendente il settore idrico si autofinanzierebbe e le fasce sociali più deboli sarebbero protette. Un sistema efficiente, gestito con logiche industriali, produce risorse anche per coloro che non ne hanno. Abbiamo le tariffe più basse d’Europa e tra le più basse al mondo e tra le più alte, in Italia, ci sono quelle di gestori totalmente pubblici. Non ha senso quindi alcun approccio totalitarista».

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