Non profit
Pomigliano, vince l’incertezza
Un comunicato ufficiale che nasconde la grande delusione dei vertici Fiat. I quotidiani in edicola provano a delineare il futuro dello stabilimento
di Redazione

“Lavoreremo con chi ha firmato”, recita un comunicato dell’azienda. Che però sarebbe orientata, a detta di tutti i giornali, a lasciare la produzione della Panda in Polonia.
- La rassegna stampa si occupa anche di:
- DROGA
- ALIMENTAZIONE
- AFGHANISTAN
- MILLENNIUM GOALS
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“«Lavoreremo con chi ha firmato»”, l’avvertimento della Fiat dà il titolo al CORRIERE DELLA SERA di oggi. La Fiom però chiede di riaprire la trattativa. Il lingotto fa spallucce: «Valuteremo le condizioni per i progetti futuri». La posizione del CORRIERE è espressa dal corsivo di Giuseppe Manca: “L’unica via: rispettare gli impegni”. Questo il ragionamento: «Strano paese il nostro che all’indomani di un referendum si pone il problema se il sì all’accordo firmato sia più o meno valido a seconda delle percentuali raggiunte dai favorevoli all’intesa e dei contrari», per cui «la Fiat a questo punto ha davanti a sé un percorso lineare fatto di investimenti e di uno stabilimento che deve tornare a lavorare in piena attività». Alla Fiat però il risultato (solo 62% di sì) non va proprio giù, come sottolinea il retroscena di Sergio Bocconi (“La tentazione di Marchionne, Panda in bilico”), mentre Goffredo Buccini raccoglie le reazione degli operai scoprendo che molti sono vittime degli strozzini: «Abbassa la voce, si guarda attorno: «Operai della Fiat che stanno sotto usura? Sì, ce ne sono tanti». Quanti? «Da noi, qualche decina: vengono a chiederci aiuto. Tre famiglie su dieci, tra chi lavora in Fiat o nell’indotto, sono in mano a usurai o a finanziarie strane». A parlare è Salvatore Cantone, piccolo imprenditore un tempo terzista Fiat e guida dell’associazione anti racket di Pomigliano. La pag 5, infine, è interamente dedicata a un’intervista al ministro Sacconi (“Sacconi: una svolta come per la scala mobile. Agli operai sgravi fiscali per i nuovi sacrifici”). Questi i passaggi più rilevanti. Sull’esito del voto: «Il risultato, che apre una prospettiva per l’interi Mezzogiorno, è oltre le mie aspettative». Gli stipendi? «Ai dipendenti 3.200 euro lordi in più all’anno: vedremo quando detassare». Lo scontro con l’azienda: «Le tensioni con la Fiat sono alle spalle: piani credibili, non incentivi pubblici».
“Fiat delusa, Pomigliano a rischio”. LA REPUBBLICA di oggi prova a interpretare le intenzioni di Fiat a partire dal comunicato ufficiale dell’azienda dopo il referendum fra i lavoratori a Pomigliano: “Fiat: Avanti con chi ha firmato, ma a Pomigliano torna l’incertezza” titola il pezzo di apertura dell’inviato nel capoluogo campano, e nella pagina seguente il titolo più duro: “Marchionne spiazzato dal voto lascerà la Panda all’estero”. La Fiat, scrive REPUBBLICA, «vuole tenere alcuni punti fermi: l’accordo sottoscritto non si tocca, non si tratta con la Fiom, si cercano semmai contatti con il governo e con le confederazioni sindacali». Ma dove porta questa nuova strada?, si chiede REPUBBLICA. «Non c’è al momento una risposta ufficiale, ma c’è quasi la certezza che il progetto-Panda è tramontato sull’orizzonte di Pomigliano» scrive Salvatore Tropea. «C’è chi dice che lo stabilimento campano potrebbe essere destinato a produrre la Linea, vettura che attualmente viene sfornata in Turchia, ma potrebbe ospitare anche altre alternative del gruppo». A proposito dell’atteggiamento tenuto finora dal governo è duro il commento del segretario della Cigl Epifani, intervistato da REPUBBLICA: «Questo governo non ha uno straccio di idea di politica industriale e, anziché unire, ha giocato un ruolo negativo con il ministro del Lavoro che, ideologizzando la vertenza, ha puntato alle divisioni». Sul referendum, REPUBBLICA intervista Rosy Bindi, che si dice contenta dell’esito: «La vittoria del sì ci dice che la Panda deve andare a Pomigliano ma la percentuale di quasi il 40% di no dimostra che l’accordo va considerato con grande serietà perché presenta punti che non vanno, di cui bisogna essere consapevoli nell’interesse di tutti». Fra i nodi critici dell’accordo la Bindi cita il diritto di sciopero, i congedi per malattia e i permessi elettorali ma anche i turni di lavoro, sui quali «è stata accettata una richiesta molto pesante, già applicata a Melfi, è vero, ma mai accompagnata da una deroga di diritti individuali così importanti». Interrogata sul ruolo del Pd, la Bindi dice che il partito deve «elaborare in autonomia dal sindacato e dagli imprenditori una nuova sintesi tra crescita economica e lavoro, per attuare i principi della Costituzione in questo nuovo tempo».
Dopo il sì dei dipendenti di Pomigliano al referendum di martedì (con il 63,4% contro un 36% di no), Fiat riavvia il dialogo, ma solo con il fronte sindacale che ha firmato l’intesa. E’ questa la traccia su cui IL SOLE 24 ORE sviluppa i servizi di pagina 2, 3 e 4 sulla vicenda. Niente via libera alla Panda a Pomigliano dopo il sì, dunque, ma neppure rinuncia all’investimento. Tutto fermo, qualche schiarita. La novità più importante di ieri è tra le righe del comunicato dell’azienda: nel futuro di Pomigliano potrebbe esserci un modello diverso dalla Panda. Si vedrà. Intanto la fronda sindacale del sì fa pressing sull’azienda. A questo tema è dedicata pagina 2. Tutti – Fiom, a suo modo, inclusa – chiedono che le promesse vengano mantenute. Come a dire: abbiamo votato sì, adesso vogliamo gli investimenti promessi. E c’è – come Michele Gravano, segretario della Cgil Campania – che «non nasconde il timore che l’esito del referendum possa spingere l’azienda a fare un passo indietro, mandando a monte il progetto di rilancio dello stabilimento campano, con conseguenze negative non solo per il territorio ma per l’intero paese». Il titolo della spalla in cui è raccolta l’intervista al sindacalista è emblematico: “Senza i 700 milioni potrebbero esplodere le tensioni sociali”. A pagina 4, Cristina Casadei intervista invece Wanda Strozyki, presidente di Solidarnosc in Fiat auto Poland. Un misto di diplomazia e durezza: «la nuova Panda se si farà a Pomigliano non si farà a Tychy…» chiede la giornalista e la Strozyki risponde: «La decisione della localizzazione della produzione della nuova Panda è stata presa dal management del gruppo Fiat molto tempo fa. Noi confidiamo però che la produzione del nuovo modello di Panda accompagni l’efficace e pieno sfruttamento delle possibilità produttive del gruppo Fiat auto Poland. A questo proposito vorrei ricordare che recentemente l’amministratore delegato, Sergio Marchionne, ha detto che il livello dello stabilimento di Tychy che attualmente produce le Panda non è mai stato raggiunto da nessuno stabilimento italiano». Cioè? «È un invito alla Fiat a venire in Polonia a fare la nuova Panda?» ribatte la giornalista. «In questa situazione – è di nuovo la Strozyki – l’attesa dei lavoratori polacchi è che il loro buon lavoro sarà sfruttato e usufruito dal gruppo italiano per il bene comune. Il conto economico mostra che è necessario che le forze di produzione di Fiat auto Poland siano sfruttate in modo pieno». Sullo sfondo le preoccupazioni del governo e del ministro Sacconi in primis, per il quale – siamo sempre a pagina 3 – ogni altra ipotesi da quella concordata prima del referendum sarebbe un problema. Mariano Maugeri, infine, chiude il servizio de IL SOLE 24 ORE a pagina 4, con un’apertura-inchiesta fra gli operai che hanno votato, e anche in questo caso il titolo la dice lunga: “Strappo generazionale dietro il voto”. «Perché» scrive Maugeri «dentro ogni scheda c’è un corpo a corpo con se stessi («dopo aver votato mi sarei sputato in faccia», ha detto più di un operaio uscendo dalla cabina elettorale) che ora potrebbe generare conseguenze imprevedibili». Al centro i più giovani: «’O sabato e a rummenica notte tu ‘a fabbrica nun ce vaje!», o come Maria Capasso, 36 anni, una delle pochissime operaie che senza mezzi termini sostiene di aver votato no. Un no secco, senza se e senza ma. «Grazie a Dio non sono sposata», dice.
LA STAMPA dedica tre pagine di Primo Piano al dopo referendum di Pomigliano e titola: “Fiat: lavoreremo assieme a chi ha detto sì”. Il Lingotto non esprime un giudizio sull’esito della consultazione sindacale, ma si limita ad analizzarlo. In sintesi, l’azienda registra che con un terzo di lavoratori contrari non si gestisce l’accordo e dichiara: «La Fiat ha preso atto dell’impossibilità di trovare condivisione da parte di chi sta ostacolando, con argomentazioni dal nostro di vista pretestuose, il piano per il rilancio di Pomigliano. L’azienda lavorerà con le parti sindacali che si sono assunte la responsabilità dell’accordo al fine di individuare e attuare insieme le condizioni di governabilità necessarie per la realizzazione di progetti futuri». L’ipotesi di chiusura in casa Fiat non sarebbe più all’ordine del giorno e Fiat “sceglie la strada del rilancio”, anche se «Sergio Marchionne contento non è. Anche perché i conti non gli tornano. L’amministratore delegato vuole dimostrare che non cercava un pretesto per chiudere lo stabilimento, ma una soluzione condivisa con tutte le parti in causa». Restano due mesi per tenere la Panda in Campania, sintetizza LA STAMPA, ma oltre il tempo massimo bisognerà pensare ad altro. Tra i commenti in evidenza quelli di Emma Marcegaglia (“C’è un sindacato che non capisce”) e del ministro Sacconi (Risultato inequivoco, si può procedere”), mentre il segretario generale della Cgil Guglielmo Epifaniin una intervista dichiara: «L’azienda proceda ma cerchi il dialogo. Noi non faremo boicottaggi». Al day after di Pomigliano è dedicato invece il reportage dell’inviato Teodoro Chiarelli che registra gli umori delle tute blu e spiega come mai i contrari sono stati il 40%, quasi il doppio del previsto. I ritmi sono giudicati troppo pesanti e il disagio è diffuso, soprattutto da parte delle donne.
“Sospiro di sollievo a Pomigliano”. ITALIA OGGI non si bilancia e pubblica le dichiarazioni rilasciate ieri da parte dei sindacati, dei membri dell’opposizione e del governo che commentavano il comunicato stampa dai «toni ambigui e prudenti» emesso ieri dai vertici aziendali della Fiat . Un comunicato stampa nel quale il gruppo di Torino conferma di voler collaborare con le organizzazioni sindacali che hanno firmato ed esprime l’intenzione di potenziare Somigliano, ma che, come fa notare ITALIA OGGI, no fa nessun riferimento esplicito all’investimento di 700 milioni promesso dal gruppo torinese. Nonostante la Fiat non abbia parlato di cifre, il comunicato della Fiat, scrive ITALIA OGGI “è bastato per placare la preoccupazione serpeggiante nel governo, nell’opposizione e tra i rappresentanti dei lavoratori».
Un Marchionne sorridente e abbracciato a Berlusconi campeggia dalla prima pagina de IL MANIFESTO che sceglie il titolo «Crashtest» per raccontare che «Il ricatto di Marchionne non passa, a Pomigliano nessun plebiscito. Il 36% dei no pesa come un macigno sull’accordo. La Fiat, irritata per aver perso il controllo della fabbrica, riapre le trattative ma solo con chi già ci stava. Il governo, dopo aver dato carta bianca all’azienda, ora la invita ad accontentarsi. Almeno due piani per il futuro dello stabilimento». Al tema è dedicato anche l’editoriale di Norma Rangeri: «Per chi suona Pomigliano» che scrive: «L’impresa ideologica non è riuscita. L’asse Tremonti – Sacconi contro i diritti costituzionali (articolo 41) e sociali (articolo 18), per segnare l’inizio di un’altra epoca nelle relazioni industriali, deve fare i conti con una presenza operaia e sindacale che non si arrende: il 36 per cento di no all’ipotesi di accordo, nella fabbrica di Pomigliano, è un risultato clamoroso (…)» e continua, dopo aver sottolineato che dagli operai di Pomigliano «(…) arriva una lezione di dignità e intelligenza politica che parla a tutti. All’azienda, al governo, al maggior partito di opposizione», concludendo «Per quei ragazzi che alla maturità scelgono il tema sulla ricerca della felicità, convinti che il mondo si può cambiare. Se non ora, se non di fronte alla solitudine e alla disperazione operaia, bisognerebbe spiegare di quale sinistra si parla e in nome di chi». Un secondo commento, a firma Ermanno Rea, intitolato «Caro Marchionne, attento a chi ha votato sì» osserva: «(…) Nel caso ci mancasse ancora una prova che l’Italia è diventata un paese-barzelletta; eccola sotto gli occhi di tutti: alzino la mano, per favore, coloro che ritengono che a votare no al referendum della Fiat sia stata la feccia di Pomigliano e dintorni (…) In nome dell’efficienza e della produttività non c’è dubbio che la precedenza dovrebbe essere data a coloro che hanno votato no alla consultazione (figuriamoci se gli addetti al personale non lo sanno). Sono loro infatti che presentano i requisiti psicologici di maggiore affidabilità: sull’altro versante, il rischio di incappare nell’assenteista incallito o nel camorrista incorreggibile non può che essere elevato».
È Vittorio Feltri ad aprire i commenti de IL GIORNALE sulla vicenda Pomigliano che è definita “Pasticcio” perché “adesso per la Fiat serve un piano Alitalia” e scrive: «All’idea che 37 dipendenti su 100 piuttosto che accettare le condizioni volute da Marchionne, scelgano il rischio di andare a casa c’è da rabbrividire. Forse la Fiat si aspettava un plebiscito e ora si trova in imbarazzo? Temo di sì. I duri e mica tanto puri della Fiom qualcosa hanno vinto: un premio di consolazione per essere riusciti a mettere in difficoltà la dirigenza. La quale potrebbe essere costretta, per mantenere le promesse, di accogliere assieme agli operai ragionevoli anche le teste calde, pronte a boicottare l’impresa. in questo caso si andrebbe incontro alla solita catastrofe all’italiana: fermate, interruzioni della produzione, occupazione, liti, eccetera. Se Marchionne guardasse alla convenienza aziendale dovrebbe trasferire le linee di montaggio in Polonia o in Serbia dove la gente ha fame e voglia di sgobbare.ma l’ad verrebbe meno alla paraola data a Cisl e Uil. Quindi che fare? Una soluzione risarebbe: adottare la soluzione Alitalia. Istituire una nuova società e riassumere soltanto il personale che sottoscrive il contratto con le clausole considerate qualificanti e irrinunciabili». IL GIORNALE pubblica le dichiarazioni del sindacato Solidarnos di Fiat auto Poland « Credo che Fiat stia cercando di limitare i diritti dei lavoratori in Italia e che voglia fare lo stesso qui da Noi, mettendoci gli uni contro gli altri». Pierluigi Bonora fa commentare il caso a Stefano Aversa, presidente di AlixPartners consulente del settore automotive dalla sua sede di Londra. «La Panda è un’auto che ha tantissimo mercato in Italia e un buon mercato in Polonia. Trasferire la produzione a Pomigliano riconcilierebbe anche la Fiat con il Paese. Certo che il gap rimane. Ma la fabbrica campana ha tutte le caratteristiche per questo tipo di produzione». L’economista Francesco Forte commenta: «Non è in gioco la credibilità di Cgil e Fiom, ma di Napoli e della Campania come area di attività industriali. Tre turni al giorno a rotazione sono considerati normali non solo in Polonia, ma in tutta le industrie del centro nord. La Campania ha bisogno di tutto tranne che di immagini negative».
Pomigliano è ancora l’apertura, su AVVENIRE. Il titolo di oggi è “Ma Pomigliano è ancora al bivio”, con «il 36% di no, ben oltre la quota Fiom, che è un segnale di malessere», la Fiat che «prende tempo» e la comparsa di un piano D. Oltre alle tre ipotesi già circolate (Fabbrica Itala, trasferimento all’estero e nuova società a Pomigliano) si parla di dirottare la Panda in Turchia e, in cambio, portare a Pomigliano Fiorino e Doblò Cargo, con 400mila vetture al posto di 700. Il premier, dice AVVENIRE, è «deluso dai no e dalla Fiom che “fa politica e distrugge”», mentre tra i sindacati aleggia «il timore di un disimpegno». Un reportage di Pino Ciociola racconta una città «in attesa tra paura e speranza», con «un’incertezza che aleggia spettrale nelle strade» dove «nessuno festeggia, neanche quelli che hanno votato no», con il parroco che spera «che l’azienda non reagisca da offesa» e il vescovo di Nola che alza la voce: «ora è obbligo morale del management non fare un solo passo indietro, non fare leva in modo strumentale sui no e portare a Pomigliano la nuova Panda
E inoltre sui giornali di oggi:
DROGA
LA STAMPA – Scontro tra Governo e Cnr sui dati della Relazione annuale sulle tossicodipendenze. L’istituto nazionale di ricerca sostiene che il consumo di stupefacenti è assai lontano da quel roseo -25% sbandierato trionfalmente.
ALIMENTAZIONE
LA STAMPA – Primi indagati per le mozzarelle blu. Nel mirino del pm Guariniello il produttore tedesco e l’importatore italiano. Sono stati avviati i primi sequestri in Piemonte e Lambardia. Secondo Coldiretti dopo lo scandalo i consumi di mozzarella sono calati del 20%.
AFGHANISTAN
IL MANIFESTO – «Colpito McChrystal affondato Petraeus» è il titolo del commento di Marco d’Eramo accanto all’articolo dedicato al cambio al vertice delle forze Usa a Kabul (pagina 9). «Il generale David Petraeus è stato degradato. Ecco il risultato principale della crisi scatenate dal generale Stanley McChrystal con le sue dichiarazioni al magazine RollingStone, insultanti verso il presidente Barack Obama, il vicepresidente Joe Biden e via via (…)» Nel commento si osserva che: «Obama ha così trasformato quella che era cominciata come una trappola per la Casa Bianca in un trappola per Petraeus e per le sue ambizioni presidenziali (…). Alla fine dell’articolo si osserva che Petraeus che era il comandante in capo di McChrystal prende ora il comando quando la sconfitta in Afghanistan sembra più probabile «(…) e in ogni caso rimane il problema di fondo: perché i marine americani stanno combattendo in Afghanistan quando tutti sanno che al Qaeda si è spostata in Pakistan e che soni i servizi segreti pakistani a tirare i fili dietro alla leadership taleban?»
LA REPUBBLICA – “Obama licenzia il generale ribelle”. Il presidente Usa ha rimosso il comandante della guerra in Afghanistan Stanley McChrystal affindando il comando delle forze Usa e Nato al generale Davide Petraeus. Il licenziamento è arrivato dopo che McChrystal aveva definito i vertici della politica Usa “pusillanimi” in un colloquio con un giornalista a Berlino, poi pubblicato dalla rivista “Rolling Stone”. Obama ha spiegato che il rispetto delle istituzioni civili e della “catena di comando” è un fondamento della democrazia americana. Ma l’intera vicenda, scrive in un articolo ripreso in prima pagina Federico Rampini, accende i riflettori su «un conflitto avviato su una china disastrosa». Dall’Afghanistan «Se ne vanno alleati fedeli come Canada e Olanda. Sprofonda nella corruzione il governo Karzai, colluso con i signori della guerra e in narcotrafficanti foraggiati dalle stesse forze Usa».
MILLENNIUM GOALS
AVVENIRE – L’Onu ha pubblicato ieri un rapporto che fa il punto sugli obiettivi del millennio, a due terzi del cammino iniziato nel 2000. Sulla povertà si sono fatti progressi tra il 1990 e il 2005, ma poi c’è stato un preoccupante stop. Stessa situazione per la fame, con il 16% della popolazione dei Pvs che soffre la fame, rispetto all’obiettivo del 10% nel 2015 e Oceania e Paesi ex sovietici con scenari peggiorati. Progressi sensibili sono stati fatti invece nella salute materno infantile, nella mortalità infantile e nella scolarizzazione. L’editoriale di Paolo Lambruschi afferma «neanche la crisi più nera può spegnere la sete di giustizia».
NUCLEARE
AVVENIRE – Stop della Corte Costituzionale ai ricorsi delle Regioni sul possibile ritorno del nucleare in Italia e sulla legge delega 99/2009. Le Regioni contestavano soprattutto l’assenza di intesa e raccordo con i territorio interessati alla scelta dei siti (su cui vige ancora il mistero). Ricorsi respinti. Legambiente dice: «non cambia nulla, i cittadini sono contrari». Unanime la richiesta di accelerare sulla costituzione dell’Agenzia per la sicurezza nucleare.
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