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Arci: i 250 eritrei deportati a Sabha sulla coscienza di chi ci governa

La dichiarazione di FIlippo Miraglia, responsabile immigrazione

di Redazione

Ecco il testo della dichiarazione trasmessa da Filippo Miraglia, responsabile immigrazione Arci:

«Nel silenzio quasi generale dei mezzi di informazione e nel disinteresse del nostro governo si sta consumando una nuova tragedia che ha per protagonisti centinaia di cittadini eritrei. Le autorità libiche hanno infatti deciso la loro deportazione, stipandoli tutti in container – donne, uomini e bambini – dal centro di Misratah, sulla costa della Tripolitania, a quello di Sebha, all’estremo sud del paese, dove le condizioni di vita sono assolutamente disumane. Si sa che l’hanno fatto per punire un tentativo di ribellione ad una probabile espulsione verso il paese da cui sono fuggiti, dove vige un sistema dittatoriale tra i più crudeli e dove il reddito medio non raggiunge un dollaro al giorno. Su che fine faranno i deportati non si sa nulla. E’ noto infatti che la Libia non ha mai firmato la convenzione di Ginevra sui Rifugiati e non consente controlli. Tra questi eritrei, molti si trovavano nel centro dopo uno dei tanti respingimenti in mare frutto dell’accordo con il governo libico di cui il nostro ministro dell’Interno va tanto orgoglioso: prebende e onori in cambio della fine degli sbarchi a Lampedusa. Così la Libia è assurta al ruolo di partner privilegiato nella gestione dei flussi migratori, facendo il cane da guardia nel Mediterraneo. Naturalmente la procedura dei respingimenti in mare è del tutto illegittima, come abbiamo più volte denunciato, perché impedisce a chi ne avrebbe diritto di espletare le procedure per la richiesta di asilo. E infatti le domande di protezione internazionale si sono dimezzate. Gli eritrei sono tra coloro che ne avrebbero diritto, se solo riuscissero a raggiungere le nostre coste, ma gli viene impedito prima. Oggi rischiano di essere costretti dalla Libia a tornare nel loro paese, dove verranno duramente puniti, tanto che alcuni, pur di evitarlo, avrebbero tentato il suicidio. Il futuro di queste persone peserà come un macigno sulle coscienze di chi ci governa. Non li vediamo perché gli hanno impedito di sbarcare, ma sono vite umane sulla cui sorte l’Italia porta grandi responsabilità. La Ue, il governo italiano in primis, devono immediatamente interrompere questi sciagurati accordi di “cooperazione”, consentendo di esercitare pienamente il diritto d’asilo. Vanno fatti tutti i passi necessari per assicurarsi che i diritti di queste persone, a cominciare da quello alla vita e a un trattamento dignitoso, vengano rispettati e garantiti. Di troppi morti già portiamo il peso. Ora basta, davvero».

 

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