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Conformità addio, cooperanti a rischio

Le conseguenze (nefaste) dello stop imposto dal Mae

di Redazione

Da alcuni mesi il Mae, ossia il ministero per gli Affari esteri, non rinnova o non concede la conformità ai progetti di cooperazione internazionale che gli sono sottoposti dalle organizzazioni non governative.
Con la conformità il Mae non finanzia direttamente il progetto di cooperazione, ma esprime un giudizio sul progetto che, però, comporta la possibilità di utilizzare le figure del volontario e del cooperante le cui definizioni sono contenute negli artt. 31 e 32 della legge n. 49/1987.Un cooperante per legge deve essere un cittadino italiano maggiorenne che, in possesso delle conoscenze tecniche e delle qualità personali necessarie, stipula un contratto di cooperazione internazionale. Le forme contrattuali utilizzate sono quelle della collaborazione a progetto, del lavoro autonomo o del lavoro subordinato ma in ogni caso il contratto deve essere registrato presso la Direzione generale Cooperazione e sviluppo del ministero per gli Affari esteri e quindi il contratto deve essere compreso preventivamente all’interno di un progetto che ha ricevuto la conformità. In altri termini, per gli effetti della legge n. 49/1987 non vi possono essere cooperanti senza conformità e registrazione del contratto presso la Dgcs.
Nel momento in cui cooperanti sono considerati tali ai fini della legge 49/1987, se dipendenti dello Stato o di altri enti pubblici hanno diritto al collocamento in aspettativa senza assegni per la durata del contratto di cooperazione. Inoltre l’ente pubblico non paga gli oneri previdenziali che sono posti a carico del Mae per la durata del contratto di cooperazione. Nel caso di imprese private, il collocamento in aspettativa senza assegni è una facoltà e in tal caso l’impresa è autorizzata ad assumere personale sostitutivo con contratto a tempo determinato.
È chiaro come la conformità sia uno dei cardini sui quali poggia tutta l’impalcatura della cooperazione: oltre a limitare il costo delle retribuzioni, contiene intrinsecamente un incentivo per i dipendenti pubblici che possono partecipare ad attività di cooperazione estera senza rinunciare al posto di lavoro in patria. Venendo meno la conformità, l’attività di reclutamento si complica notevolmente.
C’è poi un ulteriore effetto indotto da questa misura ed è in ambito fiscale. Da quando non c’è più la conformità, il contenuto normativo dell’art. 54, comma 8-bis del Tuir risulta svuotato di ogni significato e quindi lo si può ritenere tacitamente abrogato.
Viene meno infatti la determinazione convenzionale del reddito dei cooperanti che poteva essere utilizzata se, ed in quanto, inseriti nell’ambito di un programma di cooperazione dichiarato conforme. La misura veniva determinata in base all’importo stabilito dal ministero con dm 17 settembre 2002 nel quale si prevedeva la somma mensile di 1.188 euro per i cooperanti (e di 664 euro per gli ex volontari in servizio civile).
In base alla circolare dell’Agenzia delle entrate n. 15/E dell’1 febbraio 2002, l’ong doveva effettuare le ritenute fiscali nel modo previsto dalla tipologia di contratto utilizzata dal cooperante. Questi avrebbe poi applicato la particolare agevolazione nella propria dichiarazione dei redditi nella quale, indipendentemente dall’ammontare effettivamente percepito, avrebbe indicato l’importo convenzionale. La differenza tra i due ammontari evidentemente avrebbe generato un credito di imposta per effetto delle maggiori ritenute fiscali operate.
Ora si spera in una revisione della decisione del Mae: utilizzando il mezzo del decreto legge si potrebbe lasciare l’istituto della conformità, eliminando la parte di copertura degli oneri previdenziali. Troverebbero così nuova vita sia la possibilità di reclutamento nell’ambito del settore pubblico sia la determinazione convenzionale dei redditi dei cooperanti e dei volontari.

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