Continuo a essere a dir poco perplesso di come l’Inps stia comunicando i dati sulla spesa per l’invalidità. Prima una cifra imponente di oltre quarantamila pensioni riviste o annullate. Una cifra enorme che ovviamente fa subito pensare alle false invalidità, tormentone di Tremonti e Lega. In realtà non si capisce, i dati non sono sorretti da tabelle analitiche, non si conosce ad esempio il numero di ricorsi rispetto a decisioni più rigide delle commissione mediche attuali. Non è detto infatti che una revisione al ribasso sia di per sé giusta e corretta. Potrebbe essere basata su difetti di comunicazione (molto frequente la segnalazione di pensioni sospese per non aver risposto a una raccomandata dell’Inps: raccomandate in molti casi non ricevute). Potrebbe anche essere determinata da un ordine preciso di far cassa, e soprattutto di dimostrare chi comanda, adesso, nella filiera delle decisioni sulla spesa per gli invalidi civili. La seconda cifra clamorosa è quella dell’aumento vertiginoso della spesa, nel 2009, quindi in un anno a piena gestione Inps: +18,7%, con un esborso complessivo di 15,5 miliardi di euro. Anche qui non si capisce, o meglio, non si spiega. È infatti chiaro che questo balzo conferma che la certificazione di invalidità, del tutto legittima, viene attribuita a persone anziane non autosufficienti. Va ricordato che tanti anni fa non si pensava neppure di chiedere la pensione di invalidità per i nonni malati. Li si spediva in casa di riposo, e finiva lì. La spesa ricadeva in parte sulla famiglia, in parte sugli enti locali. Un sommerso che oggi cambia volto con grande rapidità. Le persone anziane giustamente restano in famiglia o in situazioni molto più prossime alla famiglia. Ma nessuno sembra seriamente rendersi conto che non si risolve il problema criminalizzando il Meridione o le commissioni mediche. Quando si comincerà a discutere seriamente e nei luoghi giusti?
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