Gian Antonio Stella, si sa, è uno di quei giornalisti che può scrivere sapendo di fare centro, ogni volta o quasi. Il motivo è semplice: si documenta, non ha un partito preso, cerca di tenere conto delle diverse facce di ogni problema, ma non si ferma davanti al rischio di apparire poco “politicamente corretto”. E ha il pregio di sdoganare temi di nicchia, trattati solo a livello di pubblicazioni tecniche. In questo caso ha parlato degli insegnanti di sostegno, partendo dal documentato dossier di Tuttoscuola che rileva un’abnorme crescita di certificazioni di handicap nella scuola, uno spropositato numero di insegnanti di sostegno di ruolo in alcune regioni (segnatamente al Sud), una oggettiva penalizzazione di chi ha davvero diritto e bisogno di una buona integrazione scolastica, che sarebbe possibile in Italia, dove esiste una legge ritenuta anche in Europa la più avanzata e corretta. In questa litigiosa estate 2010 il tema degli invalidi era già caldo grazie alla campagna intrapresa dal ministro Tremonti, utile a sostenere la sua visione del mondo. Mi colpiscono due fenomeni di grande importanza. Le reazioni della “gente”: a volte al limite del razzismo, quasi sempre schierata con foga, senza neppure un tentativo di approfondire, di ascoltare, di documentarsi. Nello stesso tempo invece le associazioni, le famiglie, parlano un’altra lingua, raccontano un’altra realtà, esprimono paura, ansia, rabbia, si sentono al centro di una vera e propria macchinazione per fare cassa in tempi di vacche magre. Due mondi lontanissimi, che nella vita reale si presume vivano fianco a fianco. Occorre riflettere su questa divaricazione dell’opinione pubblica, perché probabilmente ci sono alcune ragioni oggettive che stanno sovrastando la cultura dei diritti e schiacciando dunque le persone più deboli. Ancora una volta il mondo della disabilità è una cartina di tornasole dello stato di salute della nostra società e della qualità del nostro welfare.
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