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Chi ha paura del disabile in classe?

di Redazione

L’attacco ormai evidente è al “politicamente corretto”. Ha iniziato un assessore alla Pubblica istruzione del Comune di Chieri, in Piemonte, provenienza Udc, a sostenere che in certi casi non serve a nulla insistere nell’integrazione scolastica di alunni con disabilità “psichiche, non fisiche” (come ha poi ulteriormente specificato in conferenza stampa, peggiorando la situazione, secondo me). Ha proseguito un insegnante di “armonia” (sic!) al Conservatorio di Milano, dicendo di non essere nazista, ma comunque di pensare che un sano ritorno alla rupe Tarpea ci vorrebbe, anche perché è ora di finirla con il buonismo. «Sono molto critico – e non sono il solo – nei confronti di una scuola che penalizza i migliori. Bisognerebbe fare delle classi differenziate per loro, altro che balle…» scrive questo intellettuale su Facebook. Nel primo caso l’assessore se la prende con un giornalista de La Stampa, in questa seconda vicenda la colpa, secondo il docente milanese, è del tono troppo colloquiale di Facebook. Insomma, sono tutti degli incompresi, salvo poi insistere sulla questione di fondo. Ossia che quando si è in presenza di una disabilità psichica grave sarebbe di gran lunga preferibile avere luoghi separati, scuole speciali, non disturbare i meritevoli, ossia i ragazzi “normali”. Reagiscono ovviamente le associazioni, assai meno i giornali.
L’opinione pubblica comincia ad assorbire senza reagire questi segnali di deterioramento civile, di ritorno a un clima che alimenta le peggiori paure. Non credo che si debba enfatizzare ogni segnale di cretineria, però un campanello d’allarme deve risuonare da qualche parte. Per fortuna non ci sono solo questi signori in Italia, ma che fatica far emergere la nostra, consolidata, civiltà educativa. Non dobbiamo rimanere in silenzio, né cedere alla rassegnazione. Non siamo buonisti, siamo solo persone serie.

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