Il ruolo del business plan
Per avviare una nuova attività d’impresa o, in seguito, per ottenere finanziamenti a sostegno di investimenti di una certa rilevanza economica, l’imprenditore deve dimostrare di avere un valido progetto.
Può farlo predisponendo un business plan, ovvero un documento nel quale si descrivono il modello organizzativo dell’impresa, l’analisi puntuale dei costi, le previsioni e le strategie idonee ad attuare con successo quando stabilito a livello progettuale. Il business plan nasce con un fine esterno, quello di convincere banche e investitori a finanziare l’impresa, ma è anche utile internamente per garantire una gestione razionale ed efficace. A questo scopo il business plan deve indicare una serie di obiettivi parziali da raggiungere e deve essere periodicamente rivisto e aggiornato. Un buon business plan deve essere realistico e convincente, deve dimostrare che l’idea imprenditoriale non solo è realizzabile e in grado di generare un reddito sufficiente a coprire gli investimenti, ma è traducibile in un prodotto o servizio profittevole. Questo perché – è bene ricordarlo – se il minimo per la sussistenza dell’impresa è il pareggio nei conti, il fine resta comunque la generazione di nuova ricchezza. Non ultimo, deve essere curato anche nella forma: le informazioni devono essere precise e coerenti e, dove consigliabile, possono essere chiarite attraverso fotografie e documentazione illustrativa del progetto imprenditoriale.In sintesi, un buon business plan deve essere:
1. sintetico, ma esauriente;2. comprensibile anche ai non esperti del settore;3. fattibile, basato su previsioni ragionevoli e facilmente verificabili;4. concreto, ossia consapevole delle difficoltà che attendono l’impresa;5. completo nelle informazioni sui ritorni finanziari attesi e sul rientro degli investimenti.
Il tasso d’interesse e la politica monetaria
La concessione di un finanziamento prevede la restituzione del capitale attraverso un piano di ammortamento, solitamente rateale: ogni rata comprende una quota del capitale da restituire, maggiorata degli interessi. Gli interessi, dunque, non sono altro che il prezzo pagato per avere un prestito e sono calcolati in base a un tasso percentuale, fisso o variabile, sull’ammontare erogato o investito.Il tasso di interesse applicato ai prestiti è definito sulla base degli accordi con la banca ed è strettamente connesso al tasso ufficiale stabilito dalla Banca Centrale Europea (Bce) nell’ambito delle sue competenze di politica monetaria. Vediamo perché.Il tasso ufficiale è il tasso di interesse a cui la Bce concede prestiti alle altre banche e ha ripercussioni dirette sui tassi interbancari, che sono i tassi applicati ai prestiti tra banche. In una visione di estrema sintesi, la Bce alza il tasso quando è necessario aumentare il costo del denaro per contenere fenomeni inflattivi; lo abbassa nei periodi in cui l’andamento economico generale rende possibile una diminuzione del costo del denaro, con conseguente aumento dei consumi. È naturale che se le banche sostengono costi maggiori per avere denaro in prestito dalla Bce o dalle altre banche, a loro volta alzeranno i tassi di interesse applicati alla clientela, sia attivi sia passivi. L’interesse corrisposto da un’azienda, come da un privato, si costituisce di due valori percentuali: il T.A.N. (Tasso annuo nominale) e l’I.S.C: (Indice sintetico di costo).L’indice T.A.N. è il tasso di interesse puro applicato a un finanziamento, include gli interessi da restituire all’istituto finanziatore ma non le spese accessorie. L’indice sintetico di costo (I.S.C.), noto in precedenza come Tasso annuo effettivo globale (T.A.E.G.), include sia gli interessi sia gli oneri accessori ed è uno specchio del reale costo di un’operazione di credito, che comprende dunque anche le spese di istruttoria, le spese di incasso delle rate ed altre eventuali spese aggiuntive.
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