E in Italia? Anche in Italia l’ambientalismo sta crescendo ed evolvendo. Mi riferisco in particolare al rapporto sempre più consolidato tra chi milita nel mondo associativo e chi sta nel mondo produttivo. Mi riferisco in particolare, per quel che riguarda il WWF, al rapporto con due grandi realtà come Coldiretti e Slow Food. C’è stata una lunga stagione in cui il mondo ambientalista guardava a quello agricolo come ad un pericolo per l’ambiente stesso. L’uso spregiudicato della chimica a fini produttivi rischiava di compromettere un patrimonio di biodiversità e di tipicità alimentare. Oggi non è più così. Prima il successo clamoroso di Slow Food e il grande consenso che ha conquistato presso i consumatori con la sua proposta di prodotti del territorio. Poi la svolta di Coldiretti, la più grande organizzazione agricola italiana, che si è espressa in particolare nel “no” fermo all’introduzione degli ogm.
Dall’altro lato, cioè da parte nostra, abbiamo iniziato a capire che la produzione agricola all’interno delle oasi poteva diventare un fattore importante anche dal punto di vista economico. È nato un marchio, “Prodotti delle terre dell’oasi WWF”, che ha riscosso subito successo. E sono nati collegamenti, ad esempio con Legacoop, per distribuire questi prodotti.
Questa è un’allenza non solo ideale ma anche concreta. Nel senso che i due mondi, quello ambientalista e quello agricolo, hanno capito che hanno obiettivi strategici in comune e che possono camminare insieme e anche contaminarsi. L’Italia è un Paese a rischio cementificazione. Il che vuol dire che potrebbero venire sottratte tante aree alla produzione agricola. Interesse dell’ambiente e interesse produttivo vanno di pari passo, nel segno di uno sviluppo veramente sostenibile. Il tutto fondato su un nuovo rapporto con la terra, che garantisce più salute e salvaguarda la bellezza. Che per l’Italia non è solo un valore ideale, ma un fattore di ricchezza economica.
*presidente onorario WWF Italia
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