Non profit
43 milioni di rifugiati
I dati diffusi in vista della 97esima Giornata Mondiale delle Migrazioni che si svolgerà il 16 gennaio a Genova
di Redazione
Sono 43, 3 milioni le persone nel mondo costrette ad una migrazione a causa di conflitti armati, persecuzioni a motivo di razza, nazionalità o religione, ragioni politiche, disastri naturali. Il dato è emerso nel corso di una conferenza stampa organizzata da Migrantes per presentare la 97esima Giornata Mondiale delle Migrazioni che il 16 gennaio si svolgerà a Genova alla presenza del presidente della Cei, cardinale Angelo Bagnasco.
Come ha evidenziato monsignor Giancarlo Perego, direttore generale di Migrantes, i Paesi coinvolti da questa migrazione forzata sono l’Afghanistan (2.887.123), l’Iraq (1.785.212), la Somalia (678.309), il Congo (455.850).
Nell’incontro è stata stilata anche la classifica dei Paesi che accolgono i rifugiati: il Pakistan (1.740.711), l’Iran (1.070.488), la Siria (1.054.466), la Germania (593.799), la Giordania (450.756). I rifugiati presenti sul nostro territorio sono 55 mila, «un numero contenuto – ha rilevato mons. Perego – se paragonato ad altri Paesi europei». In Germania, ad esempio, ve ne sono quasi 600 mila, nel Regno Unito 270 mila, in Francia 200 mila.
In calo anche le domande di asilo nel nostro Paese. Si è passati da 30.145 domande nel 2008 a 17.670 richieste nel 2009. «Il tema dei respingimenti in mare, una politica che nel Mediterraneo ha interessato anche l’Italia, rischia di ledere profondamente i diritti dei richiedenti asilo – ha denunciato il direttore di Migrantes – e la protezione internazionale, perché non permette di identificare i migranti e verificare la situazione personale». E a proposito del decreto flussi, mons. Perego ha evidenziato la necessità che si facciano «percorsi di solidarietà sociale anche per i disoccupati stranieri».
Più in generale, monsignor Bruno Schettino, presidente della Commissione Episcopale per le Migrazioni e della Fondazione Migrantes ha osservato come nell’affrontare la questione migrazioni servano «regole che non devono essere contro le direttive o lesive della dignità umana» e che non si limitino ad uno “sterile buonismo”.
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