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Cie a Compalto? Il no di Caritas e Migrantes del Veneto

All'annuncio dell'apertura di un centro di identificazione ed espulsione da parte di Maroni la contrarietà delle due realtà ecclesiali venete

di Redazione

L’11 febbraio, il ministro degli interni, Roberto Maroni, presente a Venezia per un incontro in Prefettura ha annunciato, che in provincia di Venezia sorgerà un Cie (Centro di Identificazione ed Espulsione), precisamente nell’area destinata per la costruzione del nuovo carcere, in zona Campalto.
Le Caritas del Veneto con i Direttori diocesani degli Uffici Migrantes esprimono la propria contrarietà all’iniziativa del Ministro, non soltanto per l’individuazione del territorio, ma per la denuncia che da anni fanno sui Cie che hanno una dimensione trattamentale di tipo carcerario, con tutte le restrizioni alle libertà personali, e quindi non di luoghi per l’identificazione delle persone, soggetti questi che vengono da esperienze diverse: clandestini, stranieri irregolari, stranieri provenienti dalla criminalità organizzata o gente semplice.

I Direttori delle Caritas diocesane del Veneto con i Responsabili degli uffici diocesani Migrantes, pur riconoscendo il diritto-dovere da parte delle istituzioni statuali di identificare in modo adeguato le persone presenti nel territorio nazionale, ritengono che il Cie, come strutturato, si collochi al di fuori dello spirito e della lettera della Carta Costituzionale (cfr. art. 3 comma 1), per la forma di eccessiva coercizione che viene esercitata nei confronti di persone e questo senza alcuna distinzione.
Nella logica della fede, poi, ogni individuo è portatore del volto di Dio e va rispettato e tutelato nei suoi diritti fondamentali, specialmente chi sta cercando uno spazio di vita dignitosa, ma anche per chi può aver sbagliato e giustamente ne subisce le conseguenze.

L’auspicio è che accanto al superamento dei Centri Identificazione ed Espulsione e quindi il loro non moltiplicarsi, si sappia, a partire dal primato della persona, usare le risorse, oggi così scarse, per costruire percorsi di integrazione, modelli di accoglienza, tutela dei diritti di tutti a partire dai più deboli, dando credito ad una Regione, come la nostra, che ha saputo fare dell’integrazione un modello per il Paese.

Si propone di aprire un tavolo di confronto tra i diversi soggetti istituzionali, del privato sociale ed ecclesiali che operano nell’ambito dell’immigrazione per poter individuare dei percorsi condivisi. Le Caritas con Migrantes, su un modello diverso, potranno partecipare in questi Centri di Identificazione attraverso l’animazione, proponendo delle attività culturali o ricreative, avere la presenza di mediatori culturali e attivare segni di prossimità con le comunità adiacenti ai centri.

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