Non profit
«Indegni gli accordi con la Libia»
E' il giudizio categorico del Centro Astalli, il servizio dei gesuiti per i rifugiati in Italia
di Redazione

«I flussi migratori non si possono fermare, avevano subito uno stop solo grazie agli accordi indegni sottoscritti con la Libia e ora che le donne africane stanno arrivando sulle nostre coste e raccontano di quello che accadeva nei centri di raccolta e detenzione libici, ci accorgiamo di come andavano le cose’». È questa la denuncia fatta all’Agenzia AdnKronos da padre Giovanni La Manna, presidente del Centro Astalli, sezione italiana del Jesuit Refugee Service.
«Le donne somale o etiopi – aggiunge – raccontano ora di come venissero violentate nei centri di detenzione in Libia, ci dicono che ogni volta che facevano la doccia scattava la violenza e di come si erano organizzate a gruppi di tre o quattro per potersi lavare e difendere. È ora che la gente si renda conto della gravità dei fatti che stano accadendo – spiega ancora padre La Manna – anche i cattolici dovrebbero indignarsi fortemente, perché si può pure parlare di distribuzione dei migranti in Europa, ma in primo luogo bisogna salvare le vite, raccogliere chi arriva con mezzi di fortuna, questo è un dovere, altrimenti qui morti pesano sulla nostra coscienza».
Secondo il gesuita, in prima linea sul fronte dell’accoglienza profughi, ”gli arrivi proseguiranno, tanto più che si va incontro all’estate e le condizioni sono più favorevoli. E dobbiamo tenere presente che se ora parliamo di emergenza tra un mese questo non sarà più possibile”.
”Non c’era alcun piano di accoglienza, questo è evidente, il caos di Lampedusa è stato determinato anche da questo. Se si fosse detto subito quello che si sta provando a dire ora, e cioè che i tunisini hanno diritto a una ‘protezione temporanea o umanitaria’, ora non saremmo in questa situazione e molti di loro avrebbero da tempo lasciato il nostro Paese”, sottolinea all’ADNKRONOS padre La Manna.
Invece, osserva il gesuita ”sono stati esasperati i tunisini e spaventati i richiedenti asilo con il risultato che ora anche questi ultimi, anche donne e bambini eritrei, scappano dai centri di raccolta, non si fanno prendere le impronte perché non si fidano”.
”Si voleva fare una distinzione fra tunisini e rifugiati e invece una gestione confusa ha prodotto l’appiattimento totale delle due categorie, tutti si sentono in pericolo”. Quanto ai 68 cadaveri ritrovati in mare ieri, spiega padre La Manna, ”non è sicuro che si trattasse di eritrei, non vi sono conferme in proposito e negli ospedali, a quanto si apprende, di loro non c’è traccia. Potrebbe anche trattarsi di cadaveri di mercenari di Gheddafi, in ogni caso rimane il dubbio”.
Da parte sua don Stefano Nastasi, parroco di Lampedusa, chiede che ci sia chiarezza sugli accordi tra Italia e Libia. ”La soluzione migliore sarebbe quella di mettere i giovani tunisini in condizione di non dover partire cercando una vita migliore – sottolinea al Sir, l’agenzia stampa della Cei-. Questo si può fare solo con una vera cooperazione internazionale”.
Secondo don Nastasi anche l’attribuzione dello status giuridico di ”protezione umanitaria temporanea”, ”agevolerebbe molto tutto il percorso”. Il fatto che molte Regioni italiane si siano inizialmente opposte all’accoglienza degli immigrati fa pensare che ”non si vogliano condividere i pesi di questa situazione, che è sicuramente difficile da gestire – ammette don Nastasi -, ma che non si risolve scaricando tutto solo su Lampedusa”.
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