Mondo

Amnesty: le prove della repressione

In un rapporto la ong reclama giustizia per le ingiustizie commesse durante la protesta di gennaio

di Redazione

Le autorità egiziane devono garantire giustizia a tutte le vittime della violenta repressione che si è abbattuta sulle proteste di massa dell’inizio del 2011, provocando almeno 840 morti.

Lo afferma Amnesty International, diffondendo un nuovo rapporto, intitolato “L’Egitto insorge. Uccisioni, arresti e torture nel corso della Rivoluzione del 25 gennaio’’. Il rapporto viene reso noto due giorni prima del processo nei confronti dell’ex ministro dell’Interno Habib El Adly, il quale deve rispondere di varie imputazioni, tra cui l’uccisione di manifestanti.

Secondo l’organizzazione per i diritti umani, se da un lato le autorità egiziane hanno iniziato a chiamare a rispondere del loro operato alcuni dei funzionari accusati di gravi violazioni, dall’altro molte vittime della brutalità delle forze di sicurezza rischiano di essere escluse dalla giustizia. Amnesty International chiede giustizia per le vittime e i famigliari e verità su quanto accaduto.

Il rapporto contiene prove schiaccianti dell’uso della forza eccessiva, con l’intento di disperdere e sopprimere le proteste contro l’ex presidente Hosni Mubarak. Molti manifestanti sono morti dopo essere stati raggiunti da colpi di arma da fuoco nella parte superiore del corpo, alla testa e al petto: «segno, questo, della volontà di colpire deliberatamente persone che non rappresentavano alcuna minaccia o, quanto meno, di uno sconsiderato uso delle armi» sottolinea il rapporto.

Nelle proteste sono rimaste ferite oltre 6000 persone, alcune delle quali in forma permanente. Il coordinatore dell’ospedale da campo di piazza Tahrir ha dichiarato ad Amnesty International di aver soccorso circa 300 persone con ferite da colpi d’arma da fuoco agli occhi, con conseguente perdita della vista.

Il 16 febbraio l’ex primo ministro Ahmed Shafik ha reso noto che i familiari dei manifestanti uccisi durante le proteste avrebbero ricevuto un vitalizio di 1500 sterline egiziane al mese o un versamento unico di 50.000 sterline egiziane nel caso in cui la vittima non avesse persone a suo carico.

Secondo Amnesty International molto di più dovrebbe essere fatto in favore delle persone rimaste ferite in modo grave, compreso il pagamento delle spese mediche.

Il rapporto di Amnesty International documenta inoltre  numerosi casi di tortura durante la detenzione, nei giorni delle manifestazioni: percosse con bastoni e fruste, scariche elettriche anche su zone sensibili del corpo, obbligo di rimanere in posizioni dolorose per lunghi periodi di tempo, offese verbali e minacce di stupro.

Molte persone arrestate nel corso delle proteste sono state processate da tribunali militari, nonostante fossero civili. Secondo AI, il ricorso a procedure del genere viola i requisiti fondamentali del giusto processo e dei processi equi e continua a sollevare dubbi sull’effettivo impegno delle forze armate egiziane a istituire lo stato di diritto nel paese.

Amnesty International ha sollecitato lo svolgimento di ulteriori indagini sulla morte di almeno 189 detenuti durante una rivolta carceraria.

L’organizzazione ha inoltre trasmesso le sue conclusioni al procuratore generale affinché possano contribuire alle indagini nei confronti dei responsabili delle violazioni dei diritti umani.

Scarica QUI il rapporto

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