Mondo

Lost in Africa vince l’Amnesty Giffoni Film Festival

A "Hai in mano il tuo futuro" il premio per i corti, mentre lo speciale 50° al cortometraggio "R"

di Redazione

È il danese “Lost in Africa”, di Vibeke Muasya, il film vincitore dell’ottava edizione del premio “Amnesty Giffoni Film Festival”, il riconoscimento che la Sezione Italiana di Amnesty International conferisce al lungometraggio che ha meglio affrontato e rappresentato il tema dei diritti umani.
A conferire la vittoria quest’anno una giuria speciale, composta da cinque ragazzi di una classe Amnesty Kids della scuola secondaria di I grado Maria Rosaria Gorga Pica di Sant’Arsenio (SA), che l’ha scelto con queste motivazioni: «per le emozioni suscitate, perché anche l’amicizia è un diritto umano, per ricordarci, attraverso la storia dei protagonisti, come i diritti umani non siano rispettati in tutto il mondo, per sollecitarci a diventare noi per primi strumenti attraverso i quali sconfiggere l’ingiustizia sociale impegnandoci quotidianamente anche nella nostra scuola, perché unendoci il nostro ‘no’ alla violenza e alla povertà diventa un messaggio più forte».
 
Per il secondo anno la Sezione Italiana di Amnesty International ha consegnato il premio “Amnesty Corto Giffoni Film Festival“, a “Hai in mano il tuo futuro” di Enrico Maria Artale (Italia, 2011) «per la sagace ironia che permea l’opera intera a partire dal titolo e per la divertente amarezza con la quale si racconta quanto una società oppressiva e dispotica possa arrivare a spingersi pur di mantenere il controllo sui propri cittadini, fino a disumanizzarli prosciugandone letteralmente la dignità».
 
Per celebrare i 50 anni dalla fondazione di Amnesty International, l’associazione ha poi consegnato il premio “Amnesty Speciale 50°” al cortometraggio “R” di Julie Rembauville e Nicolas Bianco-Levrin, (Francia, 2011) «per la semplicità raffinata del messaggio attraverso il quale traspare come la diversità, oggetto di emarginazione, maltrattamenti e punizioni, possa diventare arricchimento e nutrimento culturale e sociale e per la delicatezza di un linguaggio cinematografico universale che non conosce confini, rivolgendosi indistintamente a spettatori piccoli e grandi, di qualsiasi parte del mondo».

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