Mondo
Enti pubblici e commerciali possono essere onlus
Lo ha stabilito una circolare delle Entrate
di Redazione
Gli «enti esclusi» rientrano nelle onlus, e lo fanno dalla porta. L’Agenzia delle Entrate ha infatti rivisto la propria posizione e stabilito che gli enti pubblici e le società commerciali possono costituire (o partecipare ad) onlus, anche nel caso in cui esse nella compagine sociale siano «numericamente prevalenti o assumano un ruolo determinante nella definizione degli atti di indirizzo e di gestione dell’ente onlus». Lo ha fatto con la circolare n. 38/E, con data 1 agosto 2011 (in allegato).
Nella stessa circolare si dà anche il via libera alla partecipazione di una onlus a una impresa sociale, il riconoscimento della qualifica di onlus ai trust opachi e l’esenzione dall’imposta di registro per le organizzazioni di volontariato anche prima dell’iscrizione a un registro regionale o provinciale.
Partecipazione degli enti esclusi
Enti pubblici, società commerciali, partiti, movimenti politici, sindacati ed associazioni di categoria erano esclusi dalla qualifica di onlus dal dlgs 460/1997, mentre la circolare 59/E del 2007 dell’Agenzia delle Entrate precisava come una onlus potesse essere partecipata da enti pubblici e imprese private a patto che questi soggetti non esercitassero un’influenza dominante nelle decisioni. Ora questo vincolo cade. Tra le motivazioni citate per procedere al diverso orientamento interpretativo, «il proliferare nell’ultimo decennio di enti di natura privata del terzo settore costituiti (o partecipati) da enti pubblici e da società commerciali (es. fondazioni di comunità, fondazioni d’impresa)», fenomeno da attribuirsi alla necessità, «di sperimentare nuove soluzioni di partenariato attivo fra le organizzazioni del terzo settore da un lato e gli enti pubblici e le società commerciali dall’altro, in specie alla luce del principio di sussidiarietà». D’altro canto, «anche gli enti commerciali hanno sentito l’esigenza di costituire enti del terzo settore (o di partecipare agli stessi) dietro la spinta del concetto di “responsabilità sociale d’impresa”, che si è andato sempre più affermando nell’ultimo periodo in ambito comunitario».
Con queste premesse, l’Agenzia delle Entrate ritiene che «gli “enti esclusi” dalla qualifica di ONLUS possano costituire (o partecipare ad) un soggetto giuridico autonomo avente la qualifica fiscale di ONLUS, a prescindere dalla circostanza che i medesimi “enti esclusi” intervengano o meno nell’assunzione delle determinazioni della ONLUS stessa». La circolare precisa inoltre che «alle stesse conclusioni si perviene anche nel caso delle fondazioni ONLUS», mentre «è preclusa agli enti pubblici e alle società commerciali la possibilità di partecipare in qualunque modo alle Organizzazioni Non Governative».
Trust opachi
La circolare precisa che l’acquisizione della qualifica di ONLUS non richiede l’appartenenza a particolari forme giuridiche. La caratteristica che fa testo è quella di soggettività passiva ai fini tributari. Anche un un trust quindi può godere della qualifica di ONLUS a patto che «il trust costituisca un autonomo soggetto passivo d’imposta». C’è quindi una incompatibilità tra il sistema di tassazione proprio dei trust “trasparenti”, con un beneficiario individuato, nel quale gli effettivi possessori del reddito prodotto sono i beneficiari, in capo ai quali avviene la tassazione dei predetti redditi ad essi imputati per trasparenza, e le modalità di tassazione delle ONLUS, che presuppongono l’imputazione direttamente ed esclusivamente in capo all’organizzazione dei redditi determinati secondo il regime di favore proprio delle ONLUS.
Al contrario, invece, nei trust “opachi”,senza beneficiario individuato, il reddito prodotto dal trust è imputato direttamente e interamente al trust stesso ed assoggettato a tassazione in capo a quest’ultimo. «Tale modalità di tassazione», dice la circolare, «in base alla quale l’effettivo possessore del reddito è il trust stesso, appare compatibile con il regime fiscale di favore previsto per le ONLUS».
Onlus e impresa sociale
Può una ONLUS detenere una partecipazione di un’impresa sociale? Sì, perché «sia le imprese sociali che le ONLUS devono operare senza fini di lucro», perché «il carattere non lucrativo delle due tipologie di organizzazioni è garantito da previsioni di contenuto analogo recate dalle rispettive discipline», perché «sono caratterizzate da una comune connotazione solidaristica che si esplica nello svolgimento di attività socialmente rilevanti».
Così per l’Agenzia delle Entrate il carattere non lucrativo dell’impresa sociale, insieme al suo obbligo di svolgere l’attività in particolari settori di rilevanza sociale o al fine dell’inserimento lavorativo di soggetti svantaggiati o disabili, rende ammissibile da parte di una ONLUS la detenzione di partecipazioni in una impresa sociale: «tale partecipazione, infatti, non altera la natura solidaristica della ONLUS partecipante e non comporta l’elusione del divieto di distribuzione di utili proprio delle ONLUS».
Registrazione delle organizzazioni di volontariato
Dopo vent’anni arriva un chiarimento sulle agevolazioni in tema di imposta di registro per le OdV. L’esenzione dall’imposta bollo e dall’imposta di registro è prevista dalla legge 266/1991; la circolare n. 3/1992 però subordinava il godimento dei benefici fiscali all’iscrizione delle OdV ai registri generali del volontariato.
Alcune Regioni tuttavia chiedono l’atto costitutivo come condizione per l’iscrizione al Registro: la OdV deve pagare l’imposta di registro? No, dice ora l’Agenzia delle Entrate: «le organizzazioni di volontariato possono fruire dell’esonero dall’imposta di registro prima dell’iscrizione negli appositi registri ma dovranno comunicare tempestivamente, all’ufficio locale dell’Agenzia delle Entrate che ha provveduto alla registrazione dell’atto costitutivo, l’avvenuta iscrizione nel registro delle organizzazioni di volontariato».
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