Mondo

Gioventù tradita

La rivoluzione dei gelsomini non entra in parlamento

di Redazione

di Francesco Candelari

Nescene è un giovane rivoluzionario tunisino, ha 22 anni, studia architettura, e oggi ha deciso di fare politica in un partito. La sua lista era solo una delle 1.500 presentatesi alle elezioni, non ha preso voti a sufficienza per essere rappresentata nella nuova Assemblea costituente, ma Nescene ha speso tutte le sue energie per distribuire volantini per le strade di Tunisi. Ora si dice certo che «il mio ruolo politico sarà importante anche se siamo rimasti fuori dal Palazzo». Ma quando comincia a parlare di quello che sarà, deve fare un salto all’indietro. Tira fuori il suo telefonino e parla per immagini.

«Questa era l’Avenue Bourghiba il 13 gennaio, questi erano i poliziotti di fronte a me, questo è un amico ferito che ancora oggi porta i segni di quei giorni». La raccolta di immagini di Nescene durante i giorni della rivoluzione dei gelsomini è impressionante. Molte le ha caricate su Facebook sin dai primi di gennaio. E sono quelle foto, insieme a molte altre circolate sui social media, ad aver dato forza ai giovani tunisini che sono riusciti a cacciare Ben Ali.

Oggi sono passati più di dieci mesi da quei giorni che hanno fatto la storia del Paese, la rivoluzione ha partorito un primo governo di transizione, pieno di ex colonnelli del dittatore, poi un secondo governo meno compromesso, al quale è seguita una commissione per il raggiungimento degli obiettivi della rivoluzione e, infine, il 23 ottobre scorso, si sono svolte le prime elezioni libere e trasparenti.

Verdetto chiaro

È stata una festa seguita da 1.800 giornalisti stranieri, celebrata in ogni modo ai quattro angoli della Tunisia, la cui regolarità è stata certificata da tutti gli osservatori internazionali presenti sul territorio. Quattro milioni di persone si sono recati alle urne, in molti seggi hanno sfidato le code, il caldo e una certa ignoranza nel maneggiare le schede elettorali, ma ce l’hanno fatta. Non posso neanche contare il numero di persone che mi ha detto con forza: «È la mia prima volta»…

L’articolo è sul numero di Vita in edicola 

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